Otello a Piacenza

STAGIONE LIRICA 2012-2013

Ancora pochi posti disponibili per la prima dell’Otello, l’opera lirica
di Giuseppe Verdi, in scena domani sera alle 20,30 (seconda recita
domenica 24 marzo alle ore 15,30) al Municipale nell’ambito
della Stagione lirica 2012-2013 della Fondazione Teatri di Piacenza

Sempre venerdì alle 20,15 inaugurazione della mostra “Verdi al Municipale: le opere verdiane nei manifesti del teatro”
allestita presso il Ridotto del teatro

Sarà la prima dell’Otello, la penultima opera scritta da Giuseppe Verdi, l’occasione per inaugurare la mostra “Verdi al Municipale: le opere verdiane nei manifesti del teatro”. Così, domani, 22 marzo, alle 20.,15, alla presenza del sindaco di Piacenza, nonché presidente della Fondazione Teatri, Paolo Dosi, dell’assessore alla Cultura, Tiziana Albasi, del direttore e del direttore artistico della Fondazione Teatri, rispettivamente Angela Longieri e Cristina Ferrari, si accenderanno
le luci sulla nuova iniziativa organizzata dal Comune di Piacenza in collaborazione con la Fondazione Teatri per celebrare i duecento anni dalla nascita di Giuseppe Verdi.
La mostra, allestita presso il Ridotto del Municipale e visitabile nei giorni di spettacolo, offre la possibilità ai visitatori di ammirare gli antichi manifesti delle opere verdiane messe in scena nel nostro teatro a partire dai primi dell’800.

E sempre alle celebrazioni verdiane è dedicato Otello, la nuova produzione della Fondazione Teatro Comunale di Modena realizzata in coproduzione con la Fondazione Teatri di Piacenza, che riprende un allestimento di proprietà del Teatro Regio di Parma.
Considerata la più attuale tra le opere verdiane che si ispirano alle tragedie di Shakespeare, l’Otello nella versione del regista Pier Francesco Maestrini “cerca di gettare un po’ di luce su una questione che tanto Shakespeare quanto Verdi lasciano sospesa, ovvero quali fossero le origini di Otello e la sua matrice religiosa”. Come spiega il regista “Il Moro viene descritto da Jago come «quel selvaggio dalle gonfie labbra»; non è chiaro se si tratti di un africano o se provenga dall’area mediorientale. Nelle versioni teatrali dei più acclamati attori shakespeariani non c’è sintonia su questo aspetto: Orson Welles ne fa un personaggio piuttosto mediterraneo; Sir Lawrence Olivier ci regala il ritratto di un vero centroafricano, mentre Anthony Hopkins guarda più a un italiano del sud, dai colori un po’ più scuri e dalla carnagione appena olivastra. Nessuno di loro ci dice però quando Otello abbia abbracciato la fede cattolica e come sia divenuto il difensore della cristianità; non sappiamo se sia stato costretto alla conversione o battezzato alla nascita”.
Maestrini spiega che “in Shakespeare si legge che il Moro che è stato fatto schiavo e deportato, che ha cominciato a combattere all’età di sette anni, che ha incrociato sul suo cammino tribù di cannibali. Conosciamo perfino il credo di Jago, che anche in Verdi fa aperta confessione di empietà, ma non la natura di quello di Otello. Abbiamo dunque provato – prosegue il regista – a dare una chiave di lettura alla questione religiosa, e cercato i punti di contatto tra l’opera e la
tragedia, magari sottolineando aspetti che nell’opera non hanno trovato spazio quali, ad esempio, la malattia: quell’epilessia latente che il Moro riesce a tenere sotto controllo solo sul campo di battaglia oppure grazie all’amore di Desdemona, ma che torna invece ad esplodere appena alimentata dal mefistofelico soffio di Jago. A quest’ultimo, poiché nella concitazione del finale spesso la sua fuga frettolosa non fa a tempo ad essere colta dal pubblico, abbiamo concesso un epilogo un po’ più epico, mutuandolo dallo Jago di Kenneth Branagh, nell’Otello di Oliver Parker”.

“Le migliori intenzioni – ha concluso Maestrini – passerebbero inosservate se non fossero state recepite e sviluppate da un cast straordinario per intensità e capacità attoriali. Tutto questo nella più gloriosa delle cornici, ovvero lo splendido allestimento concepito per il San Carlo di Napoli da Mauro Carosi, che ci propone una Cipro immaginaria, costruita con una cura e un realismo non comuni, e impreziosito dai meravigliosi costumi di Odette Nicoletti, che giusto in queste settimane ha visto il suo lavoro presso il Teatro San Carlo riconosciuto come patrimonio di interesse
culturale nazionale”.

Ricordiamo che la direzione musicale dell’opera è affidata a Maurizio Barbacini, che dirige l’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna; mentre la regia è di Pier Francesco Maestrini.
Il cast comprende il tenore Kristian Benedikt (Otello), i soprani Yolanda Auyanet e Virginia Tola (che si alterneranno nel ruolo di Desdemona), il baritono Alberto Mastromarino (Jago), i tenori Arthur Espiritu e Cristiano Olivieri (che si
alterneranno nel ruolo di Cassio), il tenore Gianluca Bocchino (Roderigo), il basso Enrico Turco (Lodovico), il basso Matteo Ferrara (Montano) e il mezzo-soprano Elena Traversi (Emilia).
A completare il cast il Coro Lirico Amadeus-Fondazione Teatro Comunale di Modena, il Coro del Teatro Municipale di Piacenza e gli allievi della Scuola voci bianche della Fondazione Teatro Comunale di Modena.

STAGIONE LIRICA 2012-2013

Municipale vicino al “sold out” per il terzo titolo
della Stagione lirica 2012-2013 della Fondazione Teatri di Piacenza:
l’Otello di Giuseppe Verdi.
L’opera, in scena venerdì 22 alle ore 20,30
e domenica 24 marzo alle ore 15,30
è una coproduzione della Fondazione Teatro Comunale di Modena
e della Fondazione Teatri di Piacenza

E’ dedicato alle celebrazioni verdiane il terzo titolo della Stagione lirica 2012/2013 della Fondazione Teatri di Piacenza. Venerdì’ 22 ore 20,30 (Turno A) e domenica 24 marzo alle ore 15,30 (Turno B) – (anteprima generale il 20 marzo alle ore
15,30) -le luci del Municipale si accenderanno sull’Otello di Giuseppe Verdi. Nuova produzione della Fondazione Teatro Comunale di Modena realizzata in coproduzione con a Fondazione Teatri di Piacenza, l’opera, tratta dalla tragedia omonima di Shakespeare su libretto di Arrigo Boito, è la penultima scritta dal Cigno di Busseto.

Con Otello Verdi, che torna a temi shakespeariani che non aveva più affrontato dall’epoca di Macbeth (1847), affronta il tema tragico della gelosia attraverso lo strumento affilato ed efficace di uno stile radicalmente nuovo, quasi sperimentale rispetto al passato. Per portare in scena l’ampio spettro delle passioni assolute e devastanti descritte nel dramma shakespeariano, con una verità e immediatezza teatrale ancora più schietta rispetto alle opere precedenti, il musicista di
Busseto si avvale del genio anticonformista di Arrigo Boito, esponente di spicco della scapigliatura e artista fra i più aggiornati della letteratura europea.

Ma la composizione di Otello, fu comunque travagliata. Con Aida (1871), infatti, Verdi, al culmine di una vastissima popolarità internazionale, aveva deciso il ritiro definitivo dalle scene, e solo l’abilità di Ricordi riuscì a convincere il compositore ormai anziano a tornare sui suoi passi per affrontare la sfida di un testo fra i più inquietanti del teatro di prosa, dando vita a quello che oggi resta uno dei drammi in musica più moderni e sconvolgenti.

Considerata da molti critici una delle opere migliori di Verdi, Otello presenta numerosi elementi di novità rispetto alle opere precedenti di Verdi. Le forme chiuse sono sempre meno riconoscibili, ormai per gran parte sostituite da un flusso musicale continuo, che molti all’epoca considerarono di ispirazione wagneriana.

In realtà questa soluzione non sorprende, alla luce dei precedenti lavori di Ponchielli e degli altri operisti italiani attivi in quel decennio. E i pezzi chiusi o i rimandi alla tradizione non mancano, benché la loro condotta non sia mai prevedibile. Si pensi al colloquio tra Jago e Roderigo nella vecchia forma di recitativo, al coro Fuoco di gioia, al brindisi di Jago,
al quartetto del secondo atto, alla cabaletta Sì pel ciel marmoreo giuro che chiude il secondo atto, al grande concertato del finale del terzo atto o all’Ave Maria.

La novità – almeno rispetto agli antecedenti verdiani – sta però nel fatto che i collegamenti tra i singoli episodi non avvengono più per cesure nette, ma il tessuto musicale appare in continua evoluzione, anche grazie al sapiente uso dell’orchestra che viene a costituire una sorta di substrato unificante. Nei passaggi tra le singole scene, Verdi elabora i
materiali tematici appena ascoltati in modo da creare transizioni impeccabili, come quella che collega la scena del duello tra Cassio e Montano al duetto d’amore che chiude il primo atto. Allo stesso modo, alcuni brani a struttura apparentemente chiusa evolvono inaspettatamente in passaggi dialogici, come nel caso del celebre Credo di Jago o del monologo di Otello Dio, mi potevi scagliar. L’abilità verdiana a giocare con le convenzioni, evocandole per stravolgerle, è testimoniata anche dal brano con cui Otello si presenta in scena, poco dopo l’inizio dell’opera: il famoso Esultate!, che costituisce una sorta di minuscola cavatina, racchiusa in 12 battute.

A Piacenza, la direzione musicale di questa nuova produzione curata dal Teatro Comunale di Modena in coproduzione con la Fondazione Teatri di Piacenza in occasione del Bicentenario Verdiano è affidata a Maurizio Barbacini, fra i direttori italiani più apprezzati nel panorama internazionale che nella sua prestigiosa carriera annovera collaborazioni con teatri lirici quali Metropolitan di New York, San Francisco Opera, Opéra de Paris, Deutsche Oper Berlin, Staatsoper di Vienna, Bayerische Staatsoper e, in qualità di direttore principale, con la Opera Company di Philadelphia.
L’allestimento, di proprietà del Teatro Regio di Parma, per la regia di Pier Francesco Maestrini, è stato creato con scene di Mauro Carosi e costumi di Odette Nicoletti per il Teatro San Carlo di Napoli dove lo stesso regista lo aveva messo in scena la prima volta nel 2006.
Il cast comprende il tenore Kristian Benedikt (Otello), i soprani Yolanda Auyanet e Virginia Tola (che si alterneranno nel ruolo di Desdemona), il baritono Alberto Mastromarino (Jago), i tenori Arthur Espiritu e Cristiano Olivieri (che si
alterneranno nel ruolo di Cassio), il tenore Gianluca Bocchino (Roderigo), il basso Enrico Turco (Lodovico), il basso Matteo Ferrara (Montano) e il mezzo-soprano Elena Traversi (Emilia).

Il Maestro Barbacini dirige l’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna; a completare il cast il Coro Lirico Amadeus-Fondazione Teatro Comunale di Modena, il Coro del Teatro Municipale di Piacenza e gli allievi della Scuola voci bianche della Fondazione Teatro Comunale di Modena.