Arena in Plautus

Domenica 22 luglio
ore 21,30
SARSINA – Arena Plautina

LELLO ARENA

in

CAPITAN  FRACASSA

da Théophile Gautier
e dai canovacci di Francesco Andreini

con
Fabrizio Vona
Francesco Di Trio
Giovanna Mangiù
Barbara Giordano

Adattamento e regia
Claudio Di Palma

“Siamo tutti infinitamente lieti, duca, di prestar la nostra arte alla causa della vita!” (Scapino, Atto I)

La Malin-comica esistenza del barone di Sigognac.
Le prime trenta pagine del libro rapiscono il gusto descrittivo di Gautier “costringendolo” a soffermarsi con tratto scrupoloso e spietato sulla solitudine che immiserisce l’umore del Barone di Sigognac.
Un’occasione di salvezza, però, gli si annuncia con tre colpi violenti battuti alle porte del castello baronale e dietro i colpi il volto burlesco di un commediante di provincia ed, a seguirlo, ancora altri attori di strada in cerca di una dimora momentanea.
Il teatro si propone a Sigognac, provvidenziale e casuale, per riconvertire il suo silenzio indolente in azione e gli sottopone una grammatica di segni comici che ne risvegliano gli umori insani, riconcedendogli una vita e riassegnandogli un’identità: quella di Capitan Fracassa.
Al nostro Fracassa, ormai maturo, il Teatro si presenta con la forza seduttiva di un’adolescente inconsciamente adescatrice. Nel gioco teatrale dei contrari, si finge in scena spavaldo di parola e codardo d’azione, contrappuntando la sua reale natura. Vive con pienezza un’epopea vitalissima e smodata da illusion comique sino al sopraggiungere dell’indifferibile epilogo.
E per la chiusura del sipario, per il ritiro dalle scene cosa scegliere? Assecondare il finale favolistica, edulcorato e pacificante, suggerito/imposto a Gautier da familiari ed editore, oppure seguire la prima intuizione dell’autore che riduceva Sigognac «… seduto sull’orlo di un sepolcro ad attendere che la morte venisse col suo dito ossuto a spingerlo nella buia cavità.»?
La seconda ipotesi, certo, oltre ad evidenziare la naturale destinazione al silenzio cui il Teatro induce al momento della fine, suggerisce, anche, con forza un rimando suggestivo alla modalità con la quale Sigognac aveva scelto in partenza di seguire gli attori: spinto, quasi inerme, dalla passione (morte) nella nuda scatola teatrale (buia cavità). Quello della «… pietra verdastra e sgretolata della tomba», dunque, sembrerebbe lo sfondo ideale dello scenario conclusivo, ma…

Due parole su Capitan Fracassa…
Si sceglie prima… tanto tempo prima e, purtroppo, si sceglie per tutti.
E cosa spinga un attore a scegliere un testo fra migliaia è uno dei misteri più oscuri ed intricati nel quale mi sia mai imbattuto.
Alcuni miei colleghi si lasciano guidare da una loro personale “urgenza” del momento, un’inderogabile necessità che li spinge, li obbliga, li costringe a vestire i panni di quel personaggio e di nessun altro.
A me invece piace piuttosto che gli spettacoli si facciano perché ce n’è bisogno.
Preferisco che quella indispensabile “necessità “ sia in qualche modo espressa dalla gente, dal pubblico che, oggi come allora, è uno degli ingredienti primari di quel rito che si chiama Teatro.
E allora me ne sto, con le antenne ritte ed il naso al vento, ad annusare l’aria in attesa che arrivi un consiglio, un suggerimento che faccia da miccia, da fonte di ispirazione per quel lungo e complicato viaggio che inizia solo quando la scintilla scocca in quella maniera così magica, unica ed inattesa.
Portare in scena Capitan Fracassa mi è sembrata un’idea potente subito.
Ha resistito alle mie personali riserve di indossare panni straordinari ma forse fin troppo prevedibili per me di soldati spacconi e Falstaff vari.
Con la stessa energia ha evidenziato subito alcuni dei temi con i quali credo avremo a che fare per un bel po’ del tempo che ci aspetta e nel quale andrà in scena Capitan Fracassa con la sua “necessaria “ funzione sociale.
La prima questione è che occorre recuperare un valore epico ed etico delle nostre giornate.
Abituati a pensare e convinti ad arte che il nostro agire sia ormai inutile perché troppo grande la dimensione della nostra esistenza, indeformabile dalle nostre piccole azioni quotidiane, troppo spesso rinunciamo a vivere e ad occuparci della nostra vita e di quella delle persone che amiamo.
Raccontare a tutti come solo l’arte, o comunque anche l’arte, la musica, il teatro, la pittura sia un elemento indispensabile per aiutarci a recuperare quella passione, quella energia vitale, quel senso naturale delle cose, quella unicità preziosa del nostro passaggio in questo mondo, è missione imprescindibile per questo momento.
Capitan Fracassa ben sa nella sua epopea romantica quanto sia necessario, se non addirittura obbligatorio, rinunciare alla tentazione di tirare i remi in barca, di anestetizzarsi ad ogni sentimento ed emozione, di seppellirsi ancor prima della propria morte, di rendersi indisponibile per quella passione, origine prima addirittura della propria stessa nascita.
Altra suggestione, altro spunto, altra illuminazione.
L’obbligo “sociale” di dover essere per sé e per gli altri affidabili.
Affidabili e coerenti. Affidabili e sinceri. Affidabili e sicuri.
Quando ci penso mi viene sempre in mente un proverbio classico riscritto dal grande Rodari: «Non c’è peggior sordo di quello che finge di sentire!».
E’ sempre più semplice, in un momento nel quale le risorse individuali sembrano bastare a malapena per sé stessi, mettersi al riparo dalle richieste altrui, evitando i fastidi e le ripercussioni proprie del dire no, usando la facile alternativa di un sì senza valore.
Anche perché, data la difficoltà del momento, le giustificazioni, le scappatoie, le scuse, gli appigli e i cavilli assolvono con facilità chiunque da ogni parola data e da ogni impegno preso.
Non vi posso raccontare troppe cose. Un prestigiatore non dice mai che trucco sta per fare. Così se sbaglia nessuno se ne accorge.
Ma un Capitan Fracassa che muore davvero, dopo un duello fatto con delle spade finte, proprio per dare senso a un grande amore è una straordinaria metafora sul tipo di persone che ci farebbero molto comodo di questi tempi.
Quando si comincia a preparare una nuova avventura c’è una certa euforia, una sorta di ebbrezza e di capogiro per il piacere esclusivo di vedere tutto questo in anteprima ma la verità è che non vediamo l’ora che arriviate voi.
Lunga vita a Capitan Fracassa! Lunga vita a noi tutti!
Lunga vita alle nostre comuni passioni!

Lello Arena

Maggiori informazioni sullo spettacolo su: plautusfestival.it