Maria Stuarda apre la stagione del Pavarotti

MARIA STUARDA di Gaetano Donizetti
PER LA PRIMA VOLTA IN SCENA A MODENA
INAUGURA LA STAGIONE LIRICA

Teatro Comunale Luciano Pavarotti
sabato 6 novembre ore 20.30
domenica 7 novembre ore 15.30

Per la prima volta in scena a Modena, Maria Stuarda di Gaetano Donizetti inaugura la Stagione Lirica 2010/11 della Fondazione Teatro Comunale di Modena. L’opera sarà in scena sabato 6 novembre alle ore 20.30 e domenica 7 novembre in replica pomeridiana alle ore 15.30.
Maria Stuarda è una tragedia lirica in tre atti, su libretto di Giuseppe Bardari tratto dalla Maria Stuarda di Friedrich Schiller. Sarà rappresentata nell’allestimento dell’Opéra Royal de Wallonie di Liegi, coprodotto dalla Fondazione Teatri di Piacenza e dalla Fondazione Teatro Comunale di Modena. La regia e i costumi sono di Francesco Esposito, le scene di Italo Grassi, le luci di Fabio Rossi. Antonino Fogliani dirige l’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna mentre Corrado Casati è alla guida del Coro del Teatro Municipale di Piacenza.

Nel cast della prima figura nel ruolo della protagonista Mariella Devia, straordinaria interprete donizettiana, mentre nella recita di domenica Maria Stuarda sarà interpretata da Maria Costanza Nocentini. Nidia Palacios (6 novembre) e Veronica Simeoni (7 novembre) si alternano nel ruolo di Elisabetta. Adriano Graziani interpreterà Roberto, conte di Leicester. Chiudono il cast Ugo Guagliardo (Giorgio Talbot), Gezim Myshketa (Lord Guglielmo Cecil) e Caterina Di Tonno (Anna Kennedy).

Maria Stuarda debuttò alla Scala nel 1835, lo stesso anno di Lucia di Lammermoor, in seguito a una genesi turbolenta. L’opera venne proibita a Napoli a causa del soggetto tragico e violento, proprio della nuova sensibilità romantica, che aveva eliminato il tranquillizzante lieto fine. Ma anche a Milano ebbe problemi con la censura, perché Maria Malibran si ostinò a cantare il testo originale del diciassettenne studente di legge Bardari, con la celebre sequela di epiteti (da “Vil bastarda” a “Meretrice indegna oscena”), decretandone la cancellazione dalla stagione dopo solo sei repliche.
L’opera fu eseguita raramente in Italia fino al celebre allestimento del Maggio Musicale Fiorentino del 1967 con Leyla Gencer e Shirley Verrett, in piena Donizetti Renaissance, quando si tornò a riscoprirne tutto il fascino.

A Modena Maria Stuarda verrà eseguita nell’edizione critica pubblicata da Ricordi, a cura di Anders Wiklunt, basata sull’autografo così come si presenta oggi, quale stadio intermedio fra la Stuarda napoletana e quella rappresentata a Milano.

Tratta dall’omonima tragedia di Schiller, l’opera racconta la vicenda storica delle regine Elisabetta e Maria Stuarda, rivali in amore e protagoniste di uno scontro epocale per il potere politico e religioso. Nel primo atto Elisabetta riceve una proposta di matrimonio da parte del re di Francia, ma è in realtà innamorata del conte di Leicester. Lord Talbot le ricorda della regina di Scozia, Maria Stuarda, tenuta prigioniera nel castello di Forteringa; Lord Cecil, invocando la ragion di stato, le consiglia di essere impietosa con la sua nemica.
Leicester, dopo una breve scena con la sospettosa e gelosa Elisabetta, resta solo con Talbot. Quest’ultimo gli racconta di essere stato da Maria e di aver ricevuto un ritratto e una lettera per lui. Leicester ama segretamente la regina di Scozia. Tenta perciò di intercedere a favore della Stuarda con Elisabetta, ma riesce solo a esasperare la gelosia della regina, che accetta però di incontrare personalmente la nemica. L’incontro avviene nel secondo atto, ambientato nel Parco di Forteringa: Elisabetta tratta con orgoglioso disprezzo la rivale, che si era prostrata ai suoi piedi. Maria allora reagisce insultando davanti a tutti la regina. Elisabetta la condanna a morte. Nel terzo atto Elisabetta sembra ancora confusa riguardo alla condanna ma, spinta dalla gelosia per Leicester, decide di firmare, disponendo che egli assista alla decapitazione. Maria si avvia serenamente al supplizio, davanti agli occhi commossi della nutrice Anna, di Talbot e dello stesso Leicester.

Giovane direttore siciliano, Antonino Fogliani è stato assistente di Gianluigi Gelmetti e ha debuttato al Rossini Opera Festival nel 2001 con Viaggio a Reims. In seguito è salito sul podio di teatri italiani e internazionali, dirigendo prestigiose compagini orchestrali. Ha inaugurato il Teatro Lirico di Cagliari nel 2009-2010 con L’elisir d’amore e recentemente ha diretto con successo Maria Stuarda al Teatro alla Scala e al Teatro Bellini di Catania.
“Gaetano Donizetti è un compositore che ho sempre amato e apprezzato – dice Fogliani – per la bellezza delle melodie e per la genialità nel condurre i grandi pezzi d’assieme. La differenza più importante che ho cercato di sottolineare è a livello di scrittura, tra le figure di Maria ed Elisabetta. Elisabetta, sia nella sua aria che nei pezzi d’insieme, nei terzetti e nei duetti, segue uno stile propriamente rossiniano: c’è un nervosismo nel cuore della musica che richiama la forza espressiva della melodia di Rossini. La vocalità di Maria risulta invece più vicina a quella di Lucia ed è pervasa da uno spirito più romantico. Leicester è un personaggio molto complesso, nella tragedia di Schiller più che nel melodramma donizettiano. Le altre due figure maschili sono più di routine. Cecil è il cattivo, spietato fino alla fine, forse più vicino a Leicester perché la sua cattiveria non è fine a se stessa, ma dovuta a motivi politici; è un consigliere, un cattivo consigliere, ma ha un ruolo politico che non si è perso nel tempo. Talbot invece è il prete che fino alla fine dimostra di non avere statura morale per riscattare Maria. E poi, pensando all’ultimo atto, c’è il coro che possiede una grande
forza politica: è un severo rimprovero verso il potere, impersonato da Elisabetta.

Assistente di Pizzi, Ronconi, Fo, Lavia, Francesco Esposito è un regista che si distingue per allestimenti strettamente fedeli al testo e all’autore, una fedeltà filtrata da un’accurata interpretazione critica in grado di portare in risalto le componenti fondamentali della spettacolarità e della comunicabilità.
“In campo ci sono due regine parenti – spiega Esposito – che, senza conoscersi, si trovano coinvolte in uno scontro di interessi e coscienze, divise dalla religione, divenuta strumento di potere e utile anche a risolvere problemi di discendenza. A renderle ancora più teatrali sono due caratteri da prime-donne con energia maschile, complicati da contraddizioni che ne fanno spesso girare le parti su se stesse, perché la ‘santa’, benedetta dal Pontefice, che s’avvia radiosa al patibolo, cela un passato colpevole di maliarda assassina di mariti, mentre la ‘regina vergine’ è votata alla solitudine da un ruolo ancora inconsueto per una donna, tormentata dall’insoddisfazione sessuale e dal giudizio dell’opinione pubblica. Ho cercato di sorvolare sui problemi d’epoca, del XVI secolo ho lasciato le citazioni ai costumi ignorando le sembianze storiche e, trascurando le costrizioni realistiche, senza prender partito. Mi sarebbe piaciuto moltissimo imporre alle due rivali presenze insistentemente simultanee: mentre una regina recita, l’altra si materializza come un’ombra ossessiva e impassibile, ma mi rendo conto che per una cantante poteva essere un grande dispendio di energie e che alla fine il canto poteva risentirne. Dovremo perciò, nella nostra interpretazione, vedere noi
stessi un fantasma che non c’è e soprattutto far sentire al pubblico una presenza continua e costante dell’una o dell’altra. Una sintesi dunque dell’universo femminile che può essere ancora attuale? Il difficile rapporto tra le donne e il potere non è stato risolto all’epoca delle due regine e non lo è tutt’oggi, la società non è ancora organizzata affinché le donne possano avere potere, perché non lo prevede”.

“Il dispositivo scenografico – lo descrive Italo Grassi – è del tipo che io chiamo ‘componibile’. Gli elementi scenici sono tra loro contrastanti, non coerenti nella forma, nei materiali, nel colore. Possono essere ricomposti in modo diverso, sopportano cambiamenti, purché congeniali con l’idea originale. La scena colloca le azioni all’interno di uno spazio quasi interamente chiuso, pericoloso e distorto: la prigione di entrambe le regine. Il pavimento ha forma irregolare e alta pendenza ed è ricoperto di lamiere metalliche.
Una grata d’acciaio brillante incombe dall’alto chiudendo lo spazio verso il cielo. A destra un alto muro impedisce l’uscita. A sinistra un grigliato delimita lo spazio destinato al popolo impedendone il contatto con le regine, la “corte” diventa giuria dell’operato delle due donne: sono le regine a giudicare o sono giudicate?”

Giovedì 4 novembre ore 15 . teatro giovani
Sabato 6 novembre ore 20,30 . turno A
Domenica 7 novembre ore 15,30 . turno B
MARIA STUARDA di Gaetano Donizetti
Tragedia lirica in tre atti. Libretto di Giuseppe Bardari dalla tragedia Maria Suart di Friedrich Schiller

Elisabetta Nidia Palacios 4 e 6 novembre / Veronica Simeoni 7 novembre
Maria Stuarda Mariella Devia 6 novembre / Maria Costanza Nocentini 4 e 7 novembre
Roberto, conte di Leicester Adriano Graziani
Giorgio Talbot Ugo Guagliardo
Lord Guglielmo Cecil Gezim Myshketa
Anna Kennedy Caterina Di Tonno

Direttore Antonino Fogliani
Regia e costumi Francesco Esposito
Assistente ai costumi Françoise Raybaud Pace
Scene Italo Grassi
Luci Fabio Rossi
Maestro del coro Corrado Casati
Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna
Coro del Teatro Municipale di Piacenza

Allestimento Opéra Royal de Wallonie di Liegi
Coproduzione Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Teatro Comunale di Modena