Il Rigoletto di Abbado jnr ritorna a la Fenice con Matheuz in buca

Rigoletto di Giuseppe Verdi al Teatro La Fenice

Venerdì 25 marzo 2011 alle ore 19.00, terzo appuntamento della Stagione lirica 2011, andrà in scena al Teatro La Fenice il primo dei tre capolavori che segnarono la piena maturità artistica di Giuseppe Verdi (la cosiddetta ‘trilogia popolare’), imponendolo come il massimo compositore italiano dell’Ottocento: Rigoletto, su libretto di Francesco Maria Piave tratto dal dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo, rappresentato per la prima volta proprio alla Fenice l’11 marzo 1851.
L’allestimento, prodotto in collaborazione con la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia (dove l’opera sarà riproposta il 6 e il 9 aprile), riprenderà quello a firma di Daniele Abbado (regia), Boris Stetka (regista collaboratore), Alison Chitty (scene e costumi), Simona Bucci (coreografia) e Vittorio Alfieri (luci) che ha debuttato al Teatro La Fenice il 25 settembre 2010. L’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice (maestro del Coro Claudio Marino Moretti) saranno diretti dal ventiseienne direttore venezuelano Diego Matheuz, astro nascente del panorama internazionale e uno dei frutti migliori del celebre Sistema Nacional de Orquestas Juveniles e Infantiles de Venezuela fondato nel 1975 da José Antonio Abreu. Il doppio cast sarà formato da Eric Cutler in alternanza con Shalva Mukeria nel ruolo del duca di Mantova, Dimitri Platanias in alternanza con Roberto Frontali in quello di Rigoletto, Ekaterina Sadovnikova in alternanza con Gladys Rossi in quello di Gilda, Gianluca Buratto in quello di Sparafucile, Daniela Innamorati in quello di Maddalena; Rebeka Lokar sarà Giovanna, Alberto Rota Monterone, Armando Gabba Marullo, Iorio Zennaro Matteo Borsa, Luca Dall’Amico ed Elena Traversi il conte e la contessa di Ceprano. Nei ruoli dell’usciere e del paggio si alterneranno gli artisti del Coro Salvatore Giacalone, Gionata Marton, Anna Malvasio ed Emanuela Conti.
La prima di venerdì 25 marzo 2011 sarà seguita da tre repliche, tutte fuori abbonamento: sabato 26 e domenica 27 alle 15.30 e martedì 29 alle 19.00.

Rigoletto esordì al Teatro La Fenice l’11 marzo 1851. Tratto da Francesco Maria Piave dal dramma storico di Victor Hugo Le roi s’amuse, l’opera giunse sulla scena dopo una serie di vicissitudini legate alle interdizioni della censura veneta (di fatto austriaca), che riteneva inaccettabile il ruolo negativo attribuito a un sovrano, indecoroso il soggetto ed empia la maledizione.
Ma Verdi era entusiasta della pièce di Hugo – «è il più gran soggetto e forse il più gran dramma de’ tempi moderni. Tribolet è creazione degna di Shakespeare!» – e riuscì a portare in scena il lavoro incontrando subito il favore del pubblico, anche se non quello della critica, disorientata dall’eccentricità della pièce.
Prima opera della cosiddetta ‘trilogia popolare’ (con Il trovatore e La traviata), l’opera segna una svolta nell’evoluzione artistica di Verdi e conclude il lungo periodo degli ‘anni di galera’; lo stesso personaggio di Rigoletto, buffone ma triste, rancoroso e provocatore ma dolorosamente afflitto, dipinto da Verdi in tutto lo spessore tragico della sua condizione umana, rappresenta una vistosa eccezione in un panorama operistico che distingueva con molto maggior rigore fra misera abiezione e immacolata virtù. Proprio dalla necessità di potenziare la caratterizzazione del personaggio principale muove il rinnovamento operato dalla drammaturgia verdiana intorno a convenzioni radicate: «Cortigiani, vil razza dannata» è l’esempio memorabile che sancisce la nascita di una nuova voce per il melodramma italiano, quella ‘spinta’ del baritono verdiano, dal potente declamato.
Anche la distribuzione dei ruoli non rispetta le ‘convenienze’ teatrali: il duca di Mantova, libertino impenitente oltre che spregiatore di qualsivoglia principio etico, è il primo tenore che viola lo statuto romantico che lo vorrebbe eroe; mentre il personaggio di Gilda sfrutta l’evoluzione della vocalità nel corso dell’opera, da soprano quasi lirico-leggero a lirico pieno, per attestare la propria maturazione, da bimba innocente a vittima consapevole.
Sul piano della costruzione formale, infine, il duetto fra il protagonista e il killer Sparafucile, e poi soprattutto il grande monologo di Rigoletto «Pari siamo!…», oltre alle scene di desolazione in riva al Mincio dell’atto terzo, realizzano un originalissimo esempio di dissoluzione e ricomposizione della tradizionale sequenza dei tempi nei numeri d’opera convenzionali, confermando la priorità conferita da Verdi alla ricerca di originalità formale e drammatica su condizionamenti d’altro genere. Inseguendo la verità drammatica di Shakespeare come prodotto dello stile, Verdi rivoluzionò l’impalcatura dell’opera romantica italiana, ponendo le premesse per l’evoluzione del genere melodramma nella seconda metà del secolo.