Clôture de l’amour a Bologna e Ravenna

Clôture de l’amour di Pascal Rambert, vincitore del premio della critica francese nel 2012, arriva al Teatro Rasi

Dopo il successo del mese di repliche Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi di Marco Martinelli, prosegue Ravenna viso-in-aria con Clôture de l’amour (Fine di un amore) al teatro Rasi martedì 16 e mercoledì 17 alle 21.
L’autore e regista Pascal Rambert è un protagonista di spicco della scena francese dagli anni ’80. Con la pièce Clôture de l’amour, che ha debuttato al Festival di Avignone nel 2011, ha vinto in Francia il premio della critica 2012
per la “Miglior creazione di un testo teatrale in lingua francese” e il Gran premio della drammaturgia 2012.
Emilia Romagna Teatro ha deciso di produrre la versione italiana dello spettacolo chiedendo allo stesso Rambert di curarne la regia. L’autore ha scelto come protagonisti due tra gli interpreti più apprezzati della scena italiana, Anna Della Rosa, attrice anche nel film premio Oscar La grande bellezza e vincitrice dei premi Olimpici del teatro come interprete della Trilogia della villeggiatura con Toni Servillo, e Luca Lazzareschi, definito dal Sole24Ore “il più grande interprete shakespeariano degli ultimi dieci anni” che ha lavorato con i più grandi registi da Vittorio Gassman da Gianfranco De Bosio, da Luca De Fusco fino a Luca Ronconi.
Accanto ai due attori ci sarà il coro di voci bianche “Ludus Vocalis”di Ravenna guidato dalla maestra Elisabetta Agostini.
Lo spettacolo si svolge in una grande stanza bianca dove una donna ed un uomo si parlano attraverso due lunghi monologhi – che non si faranno mai dialogo – interrogandosi sulle ragioni della fine della loro storia d’amore. Il flusso ininterrotto di parole, le domande – risposte che si scatenano e la respirazione bloccata creano una sorta di maratona tra paura e liberazione: ecco, è lì, nel mezzo del momento doloroso, che Pascal Rambert ci porta, senza temere di disturbare, di creare dubbio, di immergerci nei meandri di una storia che porta inesorabilmente alla rottura. Alla domanda “chi amiamo quando amiamo?” Pascal Rambert non dà nessuna risposta, ma si aggira semplicemente nelle possibilità, senza rifiutare quei luoghi comuni che usano almeno una volta due persone che si separano, che cercano assieme le ragioni del proprio disamore.
Due sguardi, due parole e due silenzi per raccontare la violenza di un amore che muore.

Il pluripremiato regista francese Pascal Rambert dirige due dei più apprezzati attori italiani, Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi dal 4 al 16 novembre, Arena del Sole sala Thierry Salmon dal martedì al venerdì ore 20.30, sabato ore 20, domenica ore 16.30, lunedì riposo

Clôture de l’amour

Fine di un amore

uno spettacolo di Pascal Rambert

traduzione Bruna Filippi

con Anna Della Rosa, Luca Lazzareschi

emiliaromagnateatro.com

Info e biglietti 051.2910.910 arenadelsole.it

Nell’ambito del ciclo di incontri con le compagnie “Conversando di Teatro”

conduce Lorenzo Donati/Altre Velocità, partecipa Bruna Filippi, traduttrice del testo

Sabato 8 novembre, ore 16 – Arena del Sole

incontro con Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi

ingresso libero

Nella sua originaria versione in francese Clôture de l’amour di Pascal Rambert, direttore del parigino Théâtre de Gennevilliers, ha debuttato nel luglio 2011 al Festival d’Avignon riscuotendo immediatamente uno strepitoso successo, ottenendo numerosi premi in patria e andando in tournée in tutto il mondo.

Dopo essere stato ospitato a VIE Festival 2012, Emilia Romagna Teatro ne ha prodotto la versione italiana, finalista nel 2013 ai premi Ubu come miglior testo straniero rappresentato in Italia, con protagonisti due tragli interpreti più apprezzati della scena nazionale, Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi.

L’edizione dello spettacolo presentata all’Arena del Sole si arricchisce della partecipazione del Coro di voci bianche del Teatro Comunale di Bologna diretto dal M° Alhambra Superchi.

Con i due interpreti italiani Rambert ha proseguito la sua personalissima indagine scenica che ha dato vita a una sorta di modulo teatrale infinitamente declinabile a ogni latitudine geografica: dello spettacolo esiste, infatti, una versione russa, messa in scena al Teatro d’Arte di Mosca, una versione croata al ZMK Theatre di Zagabria, una versione americana all’Abrons Art Centre di New York, una versione giapponese a Tokyo, una tedesca a Berlino e una greca ad Atene.

Clôture de l’amour racconta della separazione di una coppia che cerca di mettere fine a qualcosa: alla propria storia comune, a una storia che vorrebbero chiudere per sempre. Sono mossi dalla rabbia e dalla necessità urgente di dividersi. In una grande stanza bianca, una donna e un uomo si parlano attraverso due lunghi monologhi, che non arriveranno mai a farsi dialogo, interrogandosi sulle ragioni della fine della loro storia d’amore. Il flusso ininterrotto di parole, le domande-risposte che si scatenano e la respirazione bloccata creano una sorta di maratona tra paura e liberazione: è proprio lì, nel mezzo del momento doloroso, che Pascal Rambert ci porta, senza temere di disturbare, di creare dubbio, di immergerci nei meandri di una storia che porta inesorabilmente alla rottura.

STAGIONE 2014 – 2015

Ma Clôture de l’amour può anche essere un inizio, perché “clôture”, che in italiano non si può tradurre esaustivamente con chiusura, significa anche racchiudere. Lo spettacolo, infatti, racchiude lo spazio dedicato all’anima, lo spazio che definisce l’individuo come un territorio in carne ed ossa da difendere. È un linguaggio essenzialmente organico e persino coreografico, in cui Anna e Luca, i due personaggi che si affrontano sul confine del palcoscenico, costruiscono con le parole una barriera di filo spinato che li divide, ripetendo in continuazione, in modo ossessivo, espressioni che sembrano vorticare nei loro corpi. Due soliloqui che non possono interrompersi a vicenda, due flussi verbali separati.

«Se dovessi andare più a fondo in quello che sento, lo descriverei come un testo di danza» dice Pascal Rambert. Una danza mentale in un certo senso che porta alla luce il movimento invisibile dell’anima e dei nervi in palcoscenico. Si potrebbe dire che i corpi non si muovono, eppure si lascia il teatro con la sensazione che è questo che hanno fatto per tutto il tempo: muoversi e combattere una battaglia interiore, rivelata allo spettatore grazie all’abilità di costruire il movimento dal puro linguaggio, come se la scena non avesse altro scopo che questa virtualità.

Due sguardi, due parole, due corpi e due silenzi per raccontare la violenza di un amore che muore, cercando di far emergere il più possibile l’universalità di questa circostanza, come afferma lo stesso regista e autore: «Il mio lavoro è ispirato da elementi della realtà – prosegue Rambert – perché sono un grande ‘ascoltatore’. Il mio appartamento è al primo piano di un palazzo e molto spesso ascolto quello che dicono i passanti. In quel momento divento un registratore umano: tra tutto quello che ho ascoltato ci sono spesso momenti di separazione, momenti che ho dovuto affrontare personalmente tre o quattro volte. Tuttavia, per questo testo, non mi sento coinvolto dal punto di vista autobiografico. Il testo è sulla realtà, ma non su una storia personale vera. Quello che volevo descrivere era l’idea della separazione, non una delle mie separazioni. Quello che importa è la lingua che scappa, che fugge, che si ripete, la lingua che racconta la violenza della separazione, che la maggior parte di noi un giorno o l’altro si trova ad affrontare».

Alla domanda «chi amiamo quando amiamo?» Pascal Rambert non dà nessuna risposta, ma si aggira semplicemente nelle possibilità, senza rifiutare quei luoghi comuni che usano almeno una volta due persone che si separano, che cercano assieme le ragioni del proprio disamore.