Celestina regia Ronconi

Dal 30 gennaio per oltre un mese al Piccolo Teatro Strehler

in scena il testo di Michel Garneau da Fernando de Rojas

La Celestina “estrema” di Luca Ronconi

Viaggio in un mondo con due inferni

Un grande cast per la nuova produzione del Piccolo Teatro

Dopo Il Panico di Rafael Spregelburd, Premio Ubu 2013 per il migliore spettacolo dell’anno, Luca Ronconi torna a un classico, sempre con infaticabile curiosità e desiderio di “indagare” un testo dalle mille sfaccettature. Celestina, laggiù vicino alle concerie in riva al fiume, nuova produzione del Piccolo, sarà in scena al Teatro Strehler per oltre un mese, da giovedì 30 gennaio al primo marzo, con un grande cast: (in ordine di apparizione) Giovanni Crippa, Paolo Pierobon, Lucrezia Guidone, Fausto Russo Alesi, Maria Paiato, Licia Lanera, Fabrizio Falco, Lucia Marinsalta, Bruna Rossi, Lucia Lavia, Gabriele Falsetta, Riccardo Bini, Pierluigi Corallo, Angelo De Maco. Le scene sono di Marco Rossi, i costumi di Gianluca Sbicca; luci di A.J. Weissbard, suono di Hubert Westkemper, melodie di Peppe Servillo.

Tratto dal capolavoro del Cinquecento spagnolo di Fernando de Rojas, dai critici definito “romanzo dialogato in ventuno capitoli e un prologo”, grazie al lavoro di “drenaggio” operato dal drammaturgo canadese Michel Garneau, Celestina approda alla scena in una versione che esalta e valorizza il fascino dell’originale. La traduzione in italiano è di Davide Verga.

“L’idea di allestire Celestina”, spiega Ronconi, “mi è venuta leggendo uno scritto di Carlo Emilio Gadda, dal titolo Rappresentare la ‘Celestina’?, pubblicato nella raccolta I viaggi la morte. Gadda osserva che non è possibile, in tempi moderni, farne una messa in scena integrale, ma è indispensabile sfrondarla degli eccessi. Così ho scelto la riduzione franco canadese di Michel Garneau, già sperimentata con successo da Robert Lepage nella sua edizione con Nuria Espert, che fu rappresentata anni fa anche al Piccolo. La scelta di Garneau va nella direzione di un’estremizzazione, di un’esasperazione delle passioni vissute dai personaggi: tutto degenera ed esplode, l’aggressività si fa violenza, l’amore esiste solo in quanto ossessione erotica”.

“Che mondo è quello di Celestina?”, si chiede il regista. “È un mondo con due inferni: l’uno esistenziale, interiore, l’altro ultraterreno, al quale siamo invitati a credere anche noi, se vogliamo comprendere il motore della commedia. È un mondo nel quale il peso opprimente delle istituzioni – Chiesa, famiglia, convenzioni, Stato – produce nei personaggi una nevrosi sessuale che, alternativamente, sfocia nel desiderio di possedere l’altro o di distruggerlo nel momento in cui non lo si possa avere. L’ossessione di Calisto per Melibea, in questo senso, genera un furore distruttivo, al capolinea del quale non esiste appagamento, ma un senso di vuoto interiore. La stessa ossessione lega tra loro, in un rapporto del tutto altro, rispetto al modello plautino cui sembrerebbe inizialmente far riferimento, padroni e servi. Né complici né truffaldini, i servi della Celestina sono nemici e lo sono di tutti, dei padroni ma anche gli uni degli altri. Ciò che li muove è la vendetta”.

“Della lingua di Celestina”, conclude Ronconi, “magistralmente reinterpretata da Garneau e dalla nostra traduzione italiana, va detto che il suo correlativo è rintracciabile in Dante Alighieri, Carlo Porta, nel Belli o in Gadda, autori che impiegano le parole non perché suonano bene ma perché hanno il giusto peso. È una bella commedia, in cui ogni elemento, ogni figura contribuisce a tessere un perfetto ordito”.

Una storia d’amore, incantesimi e morte

Il sipario si apre sul ricco Pleberio, padre di Melibea, che piange la figlia suicida per amore. Terminato il compianto di Melibea, sorta di flashback ante litteram, il racconto riparte dall’inizio. Introdottosi nel giardino di Melibea per inseguire il falcone che gli era sfuggito, Calisto scorge la giovane, se ne innamora a prima vista e le si dichiara; lei, sdegnata, lo respinge. Calisto torna a casa propria avvilito ed ha uno scambio di battute con il servo Sempronio, che tenta di farlo “rinsavire”. Visto che non c’è niente da fare, Sempronio promette a Calisto di aiutarlo a conquistare Melibea, ma occorre rivolgersi alla potentissima Celestina, esperta in ogni magia e tenutaria di una casa chiusa (dove esercita anche Elicia, la “fidanzata” di Sempronio). Celestina è condotta da Sempronio a casa di Calisto, dove ha un vivacissimo scambio con l’ingenuo e tenero Parmeno, altro servitore di Calisto, di tutt’altra pasta rispetto allo smaliziato Sempronio. Parmeno riconosce Celestina come una vecchia “amica” della propria madre, di cui era compagna, in giovane età, nell’esercizio della prostituzione. Per rabbonirlo, Celestina gli “promette” Areusa, una ragazzina cugina di Elicia appena giunta alla sua casa (e quindi ancora vergine).

Parmeno rifiuta il dono e mette in guardia Calisto dalle mille abilità di Celestina e dal pericolo di cedere alla passione per Melibea, che, a suo dire, lo rovinerà. All’opposto, Calisto promette qualunque cosa a Celestina perché lo faccia riuscire nel suo intento; la vecchia mezzana torna a casa, con Sempronio, per preparare e recitare la fattura “infernale” con cui farà cadere Melibea. Con la scusa di vendere del filo, Celestina si reca a casa di Pleberio e di sua moglie Alisa. Qui incontra Melibea e si mette a perorare la causa di Calisto, suscitando la reazione sdegnata della ragazza. Celestina cambia le carte in tavola: dice di essere venuta a invocare una preghiera di Melibea che liberi Calisto da un atroce mal di denti.

La ragazza si ammansisce e accetta. La serva di casa, Lucrezia, intuisce la rovina incombente. Celestina torna da Calisto e gli riferisce l’esito dell’ambasciata, chiedendo in cambio il dono di un mantello; irritata dall’ostilità continua di Parmeno, convince Areusa a concederglisi. Areusa e Parmeno trascorrono una notte d’amore, al termine della quale Parmeno, del tutto rabbonito, torna da Sempronio pronto ad allearsi con lui per organizzare un pranzo a casa di Celestina, cui invitare Elicia, Areusa e la vecchia, e in cui divorare le provviste sottratte al padrone, distratto perché malato d’amore. Lucrezia si reca da Celestina per riferirle che Melibea, a sua volta malata d’amore, l’ha convocata d’urgenza: la giovane confessa di essersi infine follemente innamorata di Calisto. Celestina organizza l’incontro, al quale Calisto si reca accompagnato dai fidi Sempronio e Parmeno. I due giovani si giurano amore eterno e Melibea dà appuntamento a Calisto per l’indomani notte. Il trio Calisto-Sempronio-Parmeno si dilegua al comparire degli uomini di guardia alla casa di Pleberio. Sempronio e Parmeno si recano a casa di Celestina, per chiederle di spartire con loro quanto ha ricevuto da Calisto: poiché la vecchia rifiuta, Sempronio la uccide. I due fuggono saltando dalla finestra, ma si feriscono gravemente e vengono catturati dalle guardie che li decapitano. Sotto questi foschi auspici, Calisto si reca all’appuntamento con Melibea accompagnato da altri due servi, Sosia e Tristano. Dopo la notte con Melibea, Calisto, scavalcando il muro di cinta della casa di lei, viene colto da una profonda malinconia per tutto quel che è accaduto e per le conseguenze che il suo comportamento avrà. Intanto Elicia riferisce ad Areusa l’atroce destino che ha colpito i loro amanti e la padrona e Lucrezia informa Melibea che i genitori meditano di darla in sposa: la ragazza è distrutta dal dolore. Con uno stratagemma, Areusa riesce a far rivelare a Sosia quando avverrà il prossimo incontro segreto tra Calisto e Melibea, quindi chiede a uno dei suoi clienti, Centurione, di dare una lezione a Calisto che, gli dice, ha offeso sia lei, sia Elicia. Calisto e Melibea si trovano nuovamente, per la gioia di entrambi. Udendo rumori provenire dalla strada, Calisto scende in tutta fretta dalla scala poggiata sul muro di cinta della casa di Melibea, scivola e muore. Melibea, disperata, viene trascinata in casa da Lucrezia. Qui, distrutta dal dolore, dice al padre di voler salire sulla torre del palazzo e gli confessa la propria colpa prima di gettarsi nel vuoto.

Due autori per un capolavoro

La versione scelta da Luca Ronconi è stata scritta da Michel Garneau, poeta, drammaturgo, musicista e attore, nato a Montréal, in Canada, nel 1939. Garneau si è rifatto all’originale, La commedia de Calisto y Melibea, che lo spagnolo Fernando de Rojas pubblicò per la prima volta a Burgos nel 1499. Le notizie che abbiamo intorno alla figura di de Rojas sono scarsissime. Se ne conosce la data di morte, 1541, mentre qualche documento d’archivio parla di un cristiano di buona famiglia (con ascendenze ebraiche), padre di sette figli, nonché apprezzato giurista e ricco proprietario terriero. Nulla insomma farebbe pensare all’autore di un’opera carnale come La Celestina. Assai interessante è la biografia di Michel Garneau, che, a soli 14 anni, lascia la scuola dopo il suicidio del fratello (il poeta Sylvain Garneau) e prosegue gli studi da autodidatta, frequentando anche i corsi di teatro all’École de Théâtre du Nouveau-Monde e, come libero uditore, al Conservatoire de Montréal. A 15 anni già lavora come annunciatore radiofonico diventando, negli anni Cinquanta e Sessanta, un celebre conduttore di trasmissioni sulle frequenze di Radio Canada. Fino al 1970, anno in cui è arrestato durante la “Crisi di Ottobre” (periodo di scontri e di lotta armata provocata dal Fronte di Liberazione del Québec), episodio che costituisce un evento fondamentale della sua vita e lo conduce a una presa di coscienza politica, scrive prevalentemente poesie, poi pubblicate nella raccolta Les Petits Chevals amoureux (1977).

Nello stesso anno rifiuta, sempre per ragioni politiche, il Prix du Gouverneur Général du Canada, (riconoscimento che accetterà molti anni dopo, nel 1989) attribuito alla sua commedia per bambini Mademoiselle Rouge. Autore di circa cinquanta opere teatrali, la maggior parte delle quali rappresentate e pubblicate, Garneau si è occupato anche di importanti traduzioni e adattamenti di opere di Shakespeare, García Lorca e di altri grandi autori classici. Tra queste, La Celestina di Fernando de Rojas, del 1991.

A proposito della sua versione, il critico Alexandre Lazaridès ha scritto: Michel Garneau ha fatto più di un lavoro di adattamento. Ha tratto dal testo originale di de Rojas, sorta di romanzo-fiume dialogato in ventidue atti, un insieme coerente di una grande vitalità e di una sorprendente modernità; la progressione drammatica è chiara, le scene sono suddivise in modo da non lasciare alcun personaggio in ombra. Il linguaggio è bello, poetico, e non sfugge gli effetti retorici calcolati. Le frasi ticchettano come lame ben lucidate o esplodono come fuochi d’artificio, ma attenendosi sempre in maniera rigorosa alla situazione drammatica e alla concezione del regista. Michel Garneau utilizza nel suo teatro il francese del Québec, una lingua ricca e cruda, inframmezzandola con la poesia: “in questo modo”, dice, “maschero le poesie da opere teatrali, affinché la poesia possa parlare”. “Quando si traduce per la scena”, afferma in un’intervista, “bisogna tener conto di un concetto che non esiste negli altri generi letterari e che io chiamo la ‘rappresentabilità’. È necessario che il testo ‘parli’, che trasmetta energia”.

Quando fu scritto l’originale?

Può essere utile riportare alla mente qualche informazione riferita al periodo in cui la Celestina originale di de Rojas fu scritta (1499-1502), per comprendere le implicazioni letterarie, politiche, religiose e, in senso lato, culturali, di quest’opera. Al 1492 risale la scoperta delle Americhe ad opera di Cristoforo Colombo, sovvenzionato dai re spagnoli Isabella e Ferdinando, che, in quello stesso anno, sono responsabili della cacciata dei Mori dalla Spagna, in difesa della cristianità. Sempre nel 1492 muore a Firenze Lorenzo de’ Medici, ricevendo l’estrema unzione da Fra’ Girolamo Savonarola (che sarà impiccato e bruciato sul rogo nel 1497, dopo la scomunica di papa Alessandro VI Borgia).

Nel 1502 Ludovico Ariosto incomincia la stesura del poema che gli regalerà eterna fama: Orlando furioso. Tra il 1503 e il 1512 si colloca il papato di Giulio II, illuminato mecenate di artisti e di opere straordinarie: nel 1506 Bramante comincia a lavorare alla Basilica di San Pietro, tra il 1508 e il 1512 Michelangelo dipinge la Cappella Sistina e tra il 1510 e il 1511 Raffaello dipinge La Scuola d’Atene. Nel 1513 Niccolò Machiavelli pubblica Il principe, ispirato alla figura di Cesare Borgia.

Tra il 1519 e il 1556 Carlo V è imperatore del Sacro Romano Impero, talmente vasto ed esteso, su tre continenti, che al sovrano viene tradizionalmente attribuita l’affermazione secondo cui sul suo regno non tramontava mai il sole: dalla Spagna all’Austria, dai Paesi Bassi al Nord Africa, dai Carabi all’Ungheria, alla Francia all’Italia centro-meridionale e insulare, l’estensione dell’impero ha dell’incredibile. Nel 1517 Martin Lutero affigge alle porte della cattedrale di Wittenberg le 95 tesi che daranno origine alla Riforma protestante.

Fonti e suggestioni secondo Carlo Emilio Gadda

Carlo Emilio Gadda vede in Celestina il germe del romanzo moderno. “Se la italianizzata Celestina”, spiega Gadda, “ venne a mano allo autore della Mandragola, e a quelli della Cortigiana e del Candelaio, una traduzione inglese (già esistente verso il 1530) dové cadere sott’occhio anche al Marlowe e allo Shakespeare. Direi che il lungo monologo di Calisto, angosciato e quasi impazzito (atto XIV, scena 8a) include l’embrione tecnico di quello di Amleto. Anche nel motivo tipicamente amletico-clinico-sintomatologico dell’‘esaurimento nervoso’. (…) Da configurazioni più prossime a Plauto (servi birbi, ragazze, la mezzana) questa commedia si differenzia per quel senso di ascetico, di doloroso, di ferale, per quell’aspro senso dell’ethos e quel disperato senso della contingenza che la immettono piuttosto nel clima surrealisticamente orfico e denegatore dei Trionfi petrarcheschi: una tecnica trascorrente, fuggente; verso le lividure della morte e il buio del nulla. L’amore non è che una parentesi di follia nel precipitare delle cose. E poi le note fondamentali del costume spagnolo: ragazza nobile (Melibea) sorvegliata e quasi reclusa; dedizione e soggezione (quasi araba) della donna all’amante riamato.

Si accosta a Plauto, invece, per la vivezza talora salace e fescennina della battuta, per la tendenza a ‘tipicizzare’ il personaggio. Ma il lenone plautino si evolve qui verso il ‘tipo’ soprapotenziato della mediatrice immortale. Nuovi strati di colore, nuovi apporti etici arricchiscono la Celestina. Ecco: la felicità e l’orgoglio e il compiacimento con cui ella si butta nel mestiere sono già le note del romanzo moderno: ella è persuasa di fare del bene all’umanità; la sua expertise di recuperatrice (è detta ‘riparatrice di vergini’, n.d.r.) è ‘necessaria’ ai prigionieri tutti, uomini e donne, del fanciullo faretrato e bendato. In lei la chiaroveggenza infallibile e l’orgoglio della mammana. Si sente da più che un prete o un medico.

Nel suo discorrere, trapassa di continuo dall’entusiasmo della macchinazione e da una spregiudicata ripresa del ‘dato’ di costume, a certa capziosità edificante, a certa dialettica untuosa e per dir così gesuitesca, onde accomoda la lente della furberia e del profitto alla morale dell’inevitabile”.

(Carlo Emilio Gadda, Rappresentare la “Celestina”?, in I viaggi la morte, Milano, Garzanti, 1958) Gli incontri

In occasione del debutto di Celestina, il Piccolo organizza, in collaborazione con le Università milanesi, un ciclo di incontri per approfondire temi, linguaggi, fonti ed eredità dell’opera, soprattutto nell’ottica della riscrittura dell’originale di de Rojas operata da Michel Garneau.

Mercoledì 29 gennaio – Introduzione alla Celestina di Fernando de Rojas con Alessandro Cassol (Storia e letteratura del teatro spagnolo – Università degli Studi di Milano), Davide Verga (traduzione italiana del testo di Michel Garneau); mercoledì 5 febbraio – Incontro con la compagnia di Celestina; giovedì 27 febbraio – Da de Rojas a Garneau attraverso Gadda: la Celestina con Giuseppe Lupo (Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea – Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Giuseppe Mazzocchi (Letteratura Spagnola – Università di Pavia), Paola Ventrone (Storia del Teatro Medievale – Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano).

Modera Annamaria Cascetta (Storia del Teatro e dello Spettacolo – Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano).

Tutti gli incontri hanno luogo alle ore 17 nel Chiostro Nina Vinchi (via Rovello 2)

e sono a ingresso libero con prenotazione a comunicazione@piccoloteatromilano.it.

LA SCHEDA DELLO SPETTACOLO

Piccolo Teatro Strehler (largo Greppi – M2 Lanza), dal 30 gennaio all’1 marzo 2014

Celestina

laggiù vicino alle concerie in riva al fiume

di Michel Garneau

da La Celestina di Fernando de Rojas

traduzione italiana Davide Verga

regia Luca Ronconi

scene Marco Rossi

costumi Gianluca Sbicca

luci A.J. Weissbard

suono Hubert Westkemper

melodie Peppe Servillo e Flavio D’Ancona

personaggi interpreti

Pleberio Giovanni Crippa

Calisto Paolo Pierobon

Melibea Lucrezia Guidone

Sempronio Fausto Russo Alesi

Celestina Maria Paiato

Elicia Licia Lanera

Parmeno Fabrizio Falco

Lucrezia Lucia Marinsalta

Alisa Bruna Rossi

Areusa Lucia Lavia

Tristano Gabriele Falsetta

Sosia Riccardo Bini

Centurione Pierluigi Corallo

Critone Angelo De Maco

produzione Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa

Foto di scena Luigi Laselva

Orari: martedì e sabato ore 19.30; mercoledì, giovedì e venerdì ore 20.30

(salvo mercoledì 12 febbraio, ore 15); domenica ore 16.00. Lunedì riposo.

Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro.

Informazioni e prenotazioni 848800304 – piccoloteatro.org