Una nuova Tosca a La Fernice

Tosca di Giacomo Puccini proposta alla Fenice in un nuovo allestimento per la regia di Serena Sinigaglia

Venerdì 16 maggio 2014 alle ore 19.00 (turno A) andrà in scena al Teatro La Fenice la prima rappresentazione di un nuovo allestimento di Tosca di Giacomo Puccini, che si aggiungerà a quelli della Bohème e di Madama Butterfly, in scena rispettivamente dal 19 e dal 26 aprile, per completare il «Progetto Puccini», nel 90° anniversario della morte del compositore. Fino al 1° giugno le tre opere centrali del catalogo pucciniano, tutte e tre su libretti di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, si alterneranno a ciclo continuo sul palcoscenico della Fenice, sei giorni su sette, con 15 recite in 17 giorni.
Tosca andrà in scena in un nuovo allestimento firmato dalla regista milanese Serena Sinigaglia, fondatrice e direttrice artistica dell’A.T.I.R. (Associazione Teatrale Indipendente per la Ricerca) e del Teatro di Ringhiera di Milano, che partendo dall’affermazione dostoevskiana «La bellezza salverà il mondo» così racconta la sua idea registica: «Tosca è una grande cantante, Cavaradossi un grande pittore, essi creano bellezza e nella loro passione brucia il fuoco della libertà. Il loro amore è lotta politica. Contro l’oscurantismo, la sopraffazione, la violenza, la perversione, l’inesorabile decadimento morale che li circonda. Ciò che mi interessa nell’ambientazione di quest’opera è la sua essenza: un palcoscenico che si sta sgretolando, per incuria e abbandono. Ecco i due mondi che combattono. Uno, quello di Scarpia, immanente e brutale che distrugge e consuma, l’altro, armonioso e vitale che resiste, che si oppone, con l’immaginazione e la passione».
E la regista prosegue, sul personaggio della protagonista: «Tosca è passionale, gelosa, istintiva. Non parla, vive. Non parla di libertà, la incarna; non difende i rivoluzionari, li ama; reagisce e colpisce, senza premeditazione ma per istinto, coraggio e fierezza. “Scarpia, avanti a Dio”: queste sono le ultime parole che pronuncia prima di gettarsi nel vuoto. Il suo gesto è un assoluto rivoluzionario. Una donna, tirannicida, che si toglie volontariamente la vita e sa che il Dio vero, quello dei giusti di cuore, saprà accoglierla e portarla in gloria. In quel volo di morte c’è tutta la storia dell’uomo. I tanti uomini e donne che si sono battuti per qualcosa di più alto, gli sforzi e i sacrifici che ognuno di noi, nel suo piccolo, ha dovuto e deve affrontare per vivere una vita dignitosa».
Serena Sinigaglia sarà affiancata da due collaboratrici storiche: la scenografa Maria Spazzi e la costumista Federica Ponissi, con le luci di Alessandro Verazzi.
L’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice (maestro del coro Ulisse Trabacchin) e il coro di voci bianche dei Piccoli Cantori Veneziani (maestro del coro Diana D’Alessio) saranno diretti da Daniele Callegari. Il doppio cast sarà formato dai soprani Svetla Vassileva e Susanna Branchini in alternanza nel ruolo di Tosca, dai tenori Stefano Secco e Lorenzo Decaro in quello di Cavaradossi, dai baritoni Roberto Frontali e Angelo Veccia in quello del perfido barone Scarpia; il basso Cristian Saitta sarà Angelotti, il baritono Enric Martínez-Castignani il sagrestano, il tenore Cristiano Olivieri Spoletta e il baritono Armando Gabba Sciarrone; nel ruolo del carceriere si alterneranno gli artisti del coro Carlo Agostini e Antonio Casagrande e in quello del pastore nel preludio atto terzo le voci bianche di Laura Franco e Ludovico Furlani.
L’opera sarà proposta con sopratitoli in italiano e in inglese. La prima di venerdì 16 maggio 2014 sarà seguita da sette repliche, sabato 17 (turno C) e domenica 18 (turno B) alle 15.30, martedì 20 (turno D), giovedì 22 (turno E), venerdì 23 e mercoledì 28 (fuori abbonamento) alle 19.00 e sabato 31 (fuori abbonamento) alle 15.30.

Steso dai fidati Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, il libretto di Tosca fu tratto dall’omonima pièce del drammaturgo francese Victorien Sardou (Parigi 1887), che Puccini ebbe l’occasione di veder recitata da Sarah Bernardt a Milano e Torino nel febbraio e marzo del 1889. Il compositore toscano poté lavorare a Tosca tra l’estate 1895 e l’ottobre 1899, fino all’esordio del 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma. Da allora la vicenda d’amore e morte intrecciata al contesto politico tardosettecentesco della restaurazione papale ha letteralmente dilagato, spopolando sui palcoscenici italiani ed internazionali.
Rispetto al pubblico favore che ancor oggi fa di Tosca uno dei titoli più amati dell’opera lirica, non altrettanto positiva e concorde fu invece la reazione dei critici, molti dei quali ne considerarono con sospetto il carattere di dramma ‘a forti tinte’, intessuto d’azioni e passioni estreme: amore e gelosia, gioia e prostrazione, commozione e cinismo, tenerezza idilliaca e truce violenza. In verità l’accusa che tuttora più spesso si sente muovere a Tosca – l’essere costantemente esposta al rischio di un kitsch grand-guignolesco – è parziale: essa verte solo intorno a taluni aspetti della vicenda e non tiene conto del fatto che, oggi come ieri, questa presenta contenuti non propriamente banali o scontati, come l’equivalenza tra fede bigotta e ipocrisia, potere politico e corruzione.
Muovendo inoltre dall’ovvio assunto che un’opera è non solo un libretto, ma anche una partitura, bisognerebbe saper riconoscere la dirompente energia drammatica posseduta dalla musica di Tosca. In essa l’obiettivo di una capillare aderenza all’azione appare assolutamente centrato e la creatività di Puccini – alla ricerca, dopo l’intimismo della Bohème, di nuovi soggetti e situazioni drammatiche – poté conseguire nuovi traguardi nel coniugare suggestioni desunte dall’opera verista a un’interpretazione del soggetto storico in chiave realistica. Sul piano musicale ciò dischiuse possibilità d’invenzione inedite che spaziano dal recupero della modalità alla sperimentazione di regimi stilistici radicalmente alternativi a quelli tradizionali, di norma associati dalla storiografia a nomi quali Schoenberg, Stravinskij e Debussy. Proprio l’intensa ammirazione provata per Tosca da autori quali Schoenberg e Berg dovrebbe indurre alla riflessione e spingere a considerare l’opera in una prospettiva diversa: quella che, già venticinque anni or sono, additava Fedele D’Amico in un inascoltato auspicio: «Salome, Elektra, Wozzeck: si dovrà ben trovare il coraggio, un giorno o l’altro, di nominare Tosca nella lista; cronologicamente verrebbe al primo posto».