Torna l’Aida del ’63 a La Scala

Terzo appuntamento del ciclo

“Prima delle prime”

Stagione 2011/2012 – organizzato dagli Amici della Scala

Aida

di Giuseppe Verdi

libretto di Antonio Ghislanzoni

TEATRO ALLA SCALA
RIDOTTO DEI PALCHI “A. TOSCANINI”
MARTEDI’ 7 FEBBRAIO 2012 – ORE 18

Nel pensiero del Khedivé d’Egitto, entrato in fibrillazione “parigina” con l’apertura del Canale di Suez nel novembre 1869, Aida doveva offrire al nuovo Teatro del Cairo una tradizione d’opera nazionale.
Perciò la vicenda, proposta dall’egittologo Mariette, è ambientata nell’antico Egitto, le scene e i costumi da lui curati per la prima al Cairo (24 dicembre 1871) si ispirano a fonti monumentali. A Verdi la novità di ambientazione permette nuova libertà di forme drammatiche e musicali. C’è l’apparato grandioso di potere e guerra, ma gli individui che con quello entrano in conflitto svelano solitudini, turbamenti, mobilità di pensieri che si srotolano, si intrecciano con la macchina del potere e colpi di teatralità, in suspense trascinante. Grandioso e intimo, fanfare, inni e nostalgia sono reciprocamente necessari. Ad apertura di sipario due personaggi in scena proseguono una conversazione sulla guerra imminente.
Rimasto solo il guerriero Radamès s’incanta nel sogno d’essere il condottiero prescelto, e offrire la vittoria all’amata schiava etiope. Le arie non sono racconti, ma romanze strutturate dai pensieri che si sviluppano, si sciolgono in cantabile. Gli incontri (e pezzi d’assieme) mettono a fuoco il carattere dei
personaggi. Aida trepida nel suo amore segreto, presaga, segnata da entrate furtive e timbri struggenti ma reattiva agli eventi, combattuta tra obbedienza al padre e amore per un nemico, ingenua e fiera nello scoprirsi alla rivale potente. Amneris, voluttuosa figlia del Faraone, ardente e insicura d’essere
amata da Radamès, maestra d’inganni sospettosi, disperata e furente nella scena, quasi un’agonia, che accompagna il giudizio e la condanna dell’eroe. Radamès, idealmente sognatore, generoso, che a stento si arrende all’estrema seduzione di fuga di Aida e le svela il sentiero scelto per l’esercito;
all’apparire improvviso di Amonastro, padre di Aida e re nemico, che ha ascoltato, precipita dalla gloria al disonore. Ma l’umana indulgenza di Verdi lo riabilita quando rifiuta l’aiuto di Amneris, purificato dalla consapevolezza di morire fedele alla patria e all’amore. Lo spettacolo di Zeffirelli e De Nobili
ci fa entrare nel mondo remoto e magico di Aida: respirare la densità antica della luce, la sacralità di penombre e gli splendori velati della notte sul Nilo, pronta ad aprirsi a turbini di angoscia, a cieli azzurri di patria lontana. Ci offre l’eleganza lieve del fasto accumulato, e quell’aspirare all’estasi di Aida che è
carattere esotico e premonizione del cielo che il canto, pianissimo e dolcissimo, dei due amanti sepolti vivi romanticamente schiude.

(F.C.)

Ne parlerà Emilio Sala, musicologo, professore nell’Università degli Studi di Milano nell’incontro “La macchina del potere e l’altrove impossibile” con ascolti.

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti

14, 16, 21, 23, 25 febbraio ~ 1, 4, 7, 10 marzo 2012

AIDA

Opera in quattro atti

Giuseppe Verdi

di

su libretto di Antonio Ghislanzoni

(Edizioni Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano)

Prima rappresentazione: Il Cairo, Teatro dell’Opera, 24 dicembre 1871

Prima rappresentazione al Teatro alla Scala (e in Italia): 8 febbraio 1872 messa in scena da Giuseppe Verdi

Produzione Teatro alla Scala 1963

Direttore OMER MEIR WELLBER

Regia FRANCO ZEFFIRELLI

ripresa da MARCO GANDINI

Scene e costumi LILA DE NOBILI

Coreografia VLADIMIR VASSILIEV

Personaggi e interpreti

Aida

Oksana Dyka (14, 23 febbr.; 1, 4, 10 marzo)
Liudmyla Monastyrska (16, 21, 25 febbr.; 7 marzo)

Amneris

Marianne Cornetti (14, 16, 21, 23, 25 febbr.)
Luciana D’Intino (1, 4, 7, 10 marzo)

Radames

Jorge De Leon (14, 21, 25 febbr.; 1, 7 marzo)
Stuart Neill (16, 23 febbr.; 4, 10 marzo)

Ramfis

Riccardo Zanellato (14, 16, 21 febbr.; 4, 7 marzo)
Giacomo Prestia (23, 25 febbr.; 1, 10 marzo)

Amonasro

Andrzej Dobber (14, 16, 25 febbr.)
Ambrogio Maestri (21, 23 febbr.; 1, 4, 7, 10 marzo)

Il Re

Roberto Tagliavini

Messaggero

Enzo Peroni

Sacerdotessa

Pretty Yende

Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del Teatro alla Scala

Maestro del Coro BRUNO CASONI

Direttore del Corpo di Ballo MAKHAR VAZIEV

Date:

martedì 14 febbraio 2012 ore 19.30 ~ prima rappresentazione

giovedì 16 febbraio 2012 ore 19.30 ~ fuori abbonamento

martedì 21 febbraio 2012 ore 19.30 ~ fuori abbonamento

giovedì 23 febbraio 2012 ore 19.30 ~ fuori abbonamento

sabato 25 febbraio 2012 ore 19.30 ~ LaScalaUNDER30

giovedì 1 marzo 2012 ore 19.30 ~ fuori abbonamento

domenica 4 marzo 2012 ore 19.30 ~ turno N

mercoledì 7 marzo 2012 ore 19.30 ~ turno M

sabato 10 marzo 2012 ore 19.30 ~ turno O

Prezzi: da 187 a 12 euro

Infotel: 02 72 00 37 44

teatroallascala.org

Martedì 14 febbraio 2012 l’opera sarà trasmessa in diretta stereofonica da RAI Radio Tre.

L’OPERA IN BREVE

di Claudio Toscani
dal programma di sala del Teatro alla Scala

Ismail pascià, kedivè d’Egitto, desiderava inaugurare nel modo più degno quell’impresa ciclopica che era stato il taglio dell’istmo di Suez. Al Cairo aveva appena costruito un teatro d’opera, aperto nel 1869 con Rigoletto; ora desiderava farvi rappresentare un’opera su un soggetto “nazionale”, una storia ambientata nell’antico Egitto da affidare alle cure di uno fra i massimi compositori europei dell’epoca. Il kedivè incaricò perciò Auguste Mariette,
l’egittologo al suo servizio responsabile degli scavi archeologici nell’intero Egitto, di contattare Verdi (o in subordine Wagner e Gounod) per sondarne la disponibilità a collaborare al progetto. Mariette mandò uno “scenario” – uno schema di libretto d’opera – su un soggetto egiziano a Camille Du Locle, librettista e direttore dell’Opéra-Comique a Parigi, e questi lo sottopose a Verdi, che trovò la storia interessante e ricca di situazioni teatrali. Chi fosse
l’autore di questo intreccio, che denota l’esperienza di un uomo di teatro, non s’è mai saputo con esattezza (Du Locle sostenne che era opera del viceré e di Mariette); fatto sta che Verdi accettò, il 2 giugno 1870, di utilizzarlo per scrivere un’opera nuova, che sarebbe andata in scena al Cairo nella stagione invernale successiva.
Du Locle si recò a Sant’Agata, nella residenza del compositore, per stendere un libretto in prosa francese, sotto l’attento controllo di Verdi stesso. Il compito di ricavarne un libretto d’opera italiano in versi fu affidato invece ad Antonio Ghislanzoni. Verdi si mise rapidamente al lavoro; ma a partitura praticamente ultimata intervenne a complicare le cose, inaspettata, la guerra franco-prussiana. Le scene e i costumi, preparati a Parigi, non potevano uscire da una
città isolata e sotto assedio; fu così che le scadenze per l’allestimento al Cairo, previsto per il gennaio 1871, non poterono essere rispettate. Verdi ne approfittò per rivedere e perfezionare il libretto e la partitura, oltre che per programmare con cura un allestimento dell’opera alla Scala di Milano, che avrebbe seguito la rappresentazione egiziana. La “prima” ebbe luogo,
finalmente, al Teatro dell’Opera del Cairo il 24 dicembre 1871, con Giovanni Bottesini alla direzione d’orchestra, in una cornice fastosa e mondana, alla presenza di ambasciatori e teste coronate. Poco dopo, l’8 febbraio 1872, Franco Faccio diresse con altrettanto successo la “prima” italiana dell’opera al Teatro alla Scala. Da quell’epoca, il successo internazionale toccato ad Aida non è mai venuto meno.
La vicenda della schiava etiope Aida affonda le radici nell’antico Egitto. Il soggetto, tuttavia, non interessò Verdi per gli effetti esotizzanti che se ne potevano facilmente ricavare: il compositore non utilizzò temi “etnici”, né strumenti particolari al di fuori delle trombe diritte (che egiziane, comunque, non sono). L’ambientazione esotica, semmai, era il punto di partenza per sperimentare quel rinnovamento dell’opera italiana che per Verdi, e per
il pubblico dell’intera penisola, era un’esigenza primaria di quegli anni. Per sottrarre il melodramma nazionale alla gabbia di schemi e convenzioni, Verdi creò un ibrido, una sorta di grand opéra italiano, attingendo ai modelli francesi degli anni Sessanta. Fece propria la propensione alla spettacolarità, esaltata dalle danze, dai cori e dalla celebre scena del trionfo; integrò il balletto nell’azione drammatica; fece sfoggio di un’inedita ricchezza armonica e
timbrica; irrobustì la scrittura sinfonica, facendo circolare nella partitura una serie di motivi ricorrenti. I più importanti dei quali si presentano già nel preludio, simboleggiando il conflitto che muove l’azione: un tema morbido, lirico e cromatico, associato alla protagonista e alle scene d’amore con Radames, e un tema più vigoroso e inquieto, che esprime la minaccia della
casta sacerdotale.
Ma altrettanto evidente della volontà di rinnovamento, nell’opera, è il legame con la più autentica tradizione italiana. Aida è costituita da una successione di “numeri” chiusi, benché inseriti in una trama musicale continua, e da un linguaggio melodico prevalentemente regolare e simmetrico.

Sulle arie prevalgono i duetti, che permettono ai conflitti interpersonali di emergere in tutta la loro evidenza. Anche il nucleo drammatico, che consiste nel conflitto tragico tra inclinazioni private e pubblici doveri, è dei più tradizionali; Aida, Amneris e Radames soccombono alle ragioni del potere, che schiaccia come l’antico fatum chi vi si oppone: da questo punto di vista, Aida è uno dei melodrammi più “classici” tra quelli verdiani.
Non c’è dubbio che al grande successo e alla popolarità di quest’opera concorrano da una parte l’invenzione melodica rigogliosa, che si manifesta in pagine accattivanti come “Celeste Aida”, dall’altra gli apparati scenici grandiosi, la marcia trionfale del secondo atto, le danze, i cori, le pagine di color locale disseminate un po’ ovunque. Aida è un titolo ideale per le grandi rappresentazioni all’aperto, all’Arena di Verona come alle Terme di Caracalla a
Roma. Eppure, il baricentro della più spettacolare tra le opere verdiane sta in un conflitto di natura tutta privata, che permette a Verdi di spingere a fondo l’introspezione psicologica.
Come in tutto il suo teatro, in Aida Verdi mette in atto quei meccanismi drammatici, concisi e pregnanti, che incatenano l’attenzione dello spettatore facendo leva – più che sugli aspetti esteriori – sul dramma interiore dei personaggi che agiscono sulla scena.

IL SOGGETTO

a cura di Claudio Toscani
dal programma di sala del Teatro alla Scala

Atto primo

Sala del palazzo del re a Menfi.
Ramfis, il capo dei sacerdoti, informa il capitano delle guardie Radames che gli Etiopi sono insorti e minacciano la valle del Nilo. La dea Iside gli ha appena comunicato il nome del condottiero che guiderà l’esercito egiziano: il sacerdote si reca a informarne il re. Rimasto solo, Radames coltiva la segreta speranza di essere il prescelto, esaltandosi al pensiero della gloria e soprattutto di Aida, la schiava etiope che ama appassionatamente. L’espressione del suo volto non sfugge ad Amneris, la figlia del re, che lo ama in segreto e teme d’avere una rivale. All’arrivo di Aida, il turbamento di Radames e quello della schiava stessa rafforzano i sospetti di Amneris. Preceduto da guardie, ministri
e sacerdoti giunge il re. Un messaggero racconta dell’invasione degli Etiopi, che alla guida del loro re Amonasro stanno per attaccare Tebe. A tutti i presenti, che invocano la guerra, il re comunica che Iside ha designato Radames quale capo dell’esercito. Questi esulta; Amneris gli consegna una bandiera e tutti lo esortano a tornare vincitore. La sola Aida è disperata: non può augurarsi né di vedere il suo popolo sconfitto e Amonasro, che è suo padre, ridotto in catene, né di perdere l’amato Radames.

Interno del tempio di Vulcano a Menfi.
Ramfis, con i sacerdoti, è ai piedi dell’altare; dall’interno giunge il canto delle sacerdotesse che invocano il dio Fthà. Nel tempio viene introdotto Radames. Mentre le sacerdotesse danzano, un velo è steso sul capo del condottiero, che viene rivestito delle armi sacre. Ramfis gli affida le sorti dell’Egitto.

Atto secondo

Una sala nell’appartamento di Amneris.
Tra le danze degli schiavi mori, Amneris si fa abbigliare dalle sue schiave, preparandosi alla festa trionfale in onore del vincitore Radames. Giunge Aida, con aria afflitta. Sospettosa, Amneris finge di condividere il suo dolore per la sconfitta del popolo etiope. Le dà poi la falsa notizia che Radames è stato ucciso in battaglia: la disperazione di Aida conferma ad Amneris che la schiava è sua rivale in amore. Le due donne si confrontano; Amneris, nel massimo furore, minaccia Aida e le impone di assistere al suo imminente trionfo.

Uno degli ingressi della città di Tebe.
Entra il re, con il suo seguito, e siede sul trono; gli sono accanto la principessa Amneris con le sue schiave e Aida. Il popolo inneggia all’Egitto, a Iside, al re. L’esercito vittorioso, preceduto da una fanfara, sfila davanti al re; al termine del corteo trionfale compare Radames. Amneris gli pone una corona sul capo e il re lo invita a chiedere ciò che vuole. Aida, intanto, scorge tra i prigionieri etiopi il padre Amonasro, vestito come un semplice ufficiale; lo abbraccia ma non ne rivela, per non tradirlo, la regale identità. Amonasro si presenta al re e invoca clemenza per il popolo vinto. Il popolo egiziano commisera i prigionieri, ma Ramfis e i sacerdoti invitano il re a non avere pietà. Interviene allora Radames, che chiede la vita e la libertà per gli etiopi sconfitti; il re acconsente alla richiesta, stabilendo – su consiglio di Ramfis – che solo Aida e il padre siano trattenuti in pegno di pace. Accorda poi la mano di Amneris a Radames, che regnerà un giorno sull’Egitto. All’esultanza di Amneris fa eco la
disperazione di Aida.

Atto terzo

Le rive del Nilo.
Dal tempio di Iside giunge un canto in onore della dea. Da una barca che approda scendono Amneris, Ramfis, alcune donne velate e guardie. È la vigilia delle nozze, e Amneris si reca al tempio per pregare. Giunge Aida, coperta da un velo: attende Radames, che le ha dato un appuntamento.

Mentre aspetta l’amato ripensa al suo sogno d’amore infranto e alle bellezze della sua patria, che non rivedrà più. Le compare innanzi Amonasro. Il padre, che si è accorto del suo amore per Radames, le prospetta il ritorno in patria e la felicità amorosa; ma gli egiziani dovranno prima essere sconfitti: perciò le chiede di carpire a Radames il segreto della via che seguirà l’esercito. Aida dapprima si oppone, poi finisce per cedere alle insistenze di Amonasro, che la chiama schiava dei faraoni e minaccia di ripudiarla. Amonasro si nasconde. Giunge Radames, che si confida con Aida: spera in un’altra vittoria, che gli faccia ottenere dal re, come ricompensa, il permesso di sposarla. Aida gli propone invece di fuggire in Etiopia, dove potranno vivere felici; vinta l’iniziale esitazione di Radames, i due si preparano alla fuga. Aida chiede a Radames come sfuggire all’esercito, e questi risponde che sino all’indomani le gole di Nàpata saranno sgombre. Amonasro, udito il nome del luogo, esce allo scoperto e rivela di essere il re degli Etiopi. Radames, annientato, capisce d’aver tradito la patria. Quando Amneris esce dal tempio, accusando Radames di tradimento, Amonasro si scaglia su di lei per ucciderla; ma Radames si frappone, riuscendo a evitare che la colpisca. Fa poi fuggire Aida e suo padre e si consegna a Ramfis.

Atto quarto

Sala nel palazzo del re.
Amneris è disperata: Radames sta per essere processato per tradimento. Lei continua ad amarlo ed è decisa a fare di tutto per salvarlo. Lo fa condurre in sua presenza e lo scongiura di discolparsi; ma Radames rifiuta, sostenendo che il suo onore non è macchiato e che è deciso a morire, avendo perduto Aida. Amneris gli rivela che la fanciulla è viva e libera, e gli promette la vita se rinuncerà a lei: ma Radames ribadisce la sua ferma volontà di morire. Amneris vede passare i sacerdoti che entrano nel sotterraneo per pronunciare la sentenza. Radames, accusato d’aver tradito la patria, d’aver disertato la battaglia e d’esser venuto meno alla fiducia del re, rifiuta di difendersi ed è condannato a essere sepolto vivo. Amneris, nella massima disperazione, maledice i sacerdoti.

Nel piano superiore, interno del tempio di Vulcano; nel piano inferiore, un sotterraneo.
Due sacerdoti chiudono la pietra del sotterraneo in cui è sepolto Radames. Questi sente, nell’oscurità, un gemito e scorge una figura che s’avanza: è Aida, introdottasi furtivamente nel sotterraneo e decisa a morire tra le braccia dell’amato. Radames e Aida, che già vede avvicinarsi l’angelo della morte,
prendono insieme commiato dalla vita terrena e si apprestano a volare in cielo. Nel tempio Amneris, vestita a lutto, prega Iside per l’anima di Radames.

OMER MEIR WELLBER

Omer Meir Wellber è nato nel 1981 in Israele. Direttore stabile della Raanana Symphonette Orchestra, è stato nominato nuovo Direttore Musicale del Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia per il periodo 2011-2014.

Comincia a studiare musica all’età di cinque anni, suona la fisarmonica e il pianoforte. A dieci anni inizia a studiare composizione, prima con Tania Teler e in seguito con l’israeliano Michael Wolpe, che sarà il suo insegnante fino al 2004. Nel 1999 si diploma al Beer Sheva Conservatory e da allora la sua musica viene suonata in orchestre, ensemble e trasmissioni radiofoniche sia in Israele che all’estero.
Wellber frequenta quindi la Jerusalem Music Academy, dove studia con il professor Eugene Zirlin e si diploma con il professor Mendi Rodan.
Si esibisce con la Israeli Sinfonietta, la Israel Chamber Orchestra, la Jerusalem Symphony, la Haifa Symphony e la Israel Symphony di Rishon Le’Zion.

Tra le composizioni eseguite dalla Israeli Sinfonietta figurano la sua Suite for Strings Orchestra, Bassoon and Clarinet, il Piano Concerto n. 1 e il Mandolin Concerto. Per quanto riguarda invece la musica da camera, da citare le esecuzioni di Music for Ten Instruments da parte di Kaprisma durante il loro tour europeo, l’Oboe Quintet “The Last Leaf” da parte di Musica Nuova, e il Piano Trio and Accordion da parte dell’Amber Trio Vienna, con la partecipazione dello stesso Wellber alla fisarmonica.
Nel dicembre 2004, Wellber dirige la prima mondiale del suo Concerto per viola, dedicato ed eseguito da Amichai Grosz del Jerusalem Quartet e dalla Israel Chamber Orchestra.

Negli ultimi cinque anni, ha ricevuto una borsa di studio dalla America-Israel Cultural Foundation.

Dal 2005 Wellber è presente regolarmente alla Israeli Opera di Tel Aviv dove ha diretto, tra le altre, La Traviata, La forza del destino, Turandot, Madama Butterfly, La Gioconda, L’elisir d’amore, Il trovatore e Così fan tutte.

Nel febbraio 2007 dirige l’Orchestra Filarmonica di Pechino in un concerto di Gala.
Nell’ottobre 2008 dirige Aida al Teatro Verdi di Padova e, sempre nello stesso anno, viene scelto dalla rivista ‘Classic Voice’ come giovane promessa internazionale.
Tra il 2008 e il 2010 è assistente di Daniel Barenboim alla Staatsoper di Berlino e alla Scala. Dirige inoltre Aida a Tel Aviv con l’Orchestra della Scala nella tournée in Israele, ottenendo un grande successo personale.

Dirige Carmen alla Staatsoper di Berlino, il concerto di debutto al Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia, e un concerto al 73° Maggio Musicale Fiorentino. Viene inoltre invitato dal Maestro Ozawa per dirigere Salome al Saito Kinen Festival di Matsumoto, dove riscuote ottimi consensi. La consacrazione internazionale giunge grazie al successo per una nuova produzione di Daphne alla Semperoper di Dresda; seguono Tosca alla Staatsoper di Berlino e concerti sinfonici alla Fenice di Venezia.

Di recente dirige Aida, Evgenij Onegin e L’elisir d’amore al Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia, Tosca alla Scala, Rigoletto alle Wiener Festwochen, Tosca al Teatro Massimo di Palermo, Boris Godunov a Valencia, La traviata alla Staatsoper di Berlino, concerti sinfonici a Parigi con l’Orchestre de Paris, a Milano con la Filarmonica della Scala e a Tel Aviv con la Israel Philharmonic Orchestra.
Fra i suoi prossimi impegni: nuove produzioni di La traviata e Il trovatore alle Wiener Festwochen, La traviata a Monaco, Tosca e La vida breve-El amor brujo a Valencia, Carmen e L’elisir d’amore a Venezia, una nuova produzione di Euryanthe a Francoforte.

Intensa anche la sua attività concertistica, che prevede concerti con Orchestra della RAI di Torino, Orchestra di Santa Cecilia, DSO Berlino, Gewandhaus di Lipsia.

FRANCO ZEFFIRELLI

Regista cinematografico, regista e scenografo di opere liriche e teatrali, è nato il 12 febbraio 1923 a Firenze, città in cui ha studiato all’Accademia di Belle Arti e alla Facoltà di Architettura.

Nel 1946 si trasferì a Roma, dove esordì come attore nel cinema e nel teatro. La passione per lo spettacolo lo spinse ad accettare ogni genere di lavoro che gli consentisse di venire a contatto con quel mondo.

Determinante per la sua formazione alla regia cinematografica e teatrale fu l’incontro con Luchino Visconti, che lo volle prima tra i suoi collaboratori (in veste di assistente) e poi scenografo per Troilo e Cressida (1949) di W. Shakespeare e per Un tram che si chiama desiderio di T. Williams.
Successivamente fu suo aiuto regista in vari spettacoli teatrali e per i film La terra trema (1947), Bellissima (1951) e Senso (1954). Zeffirelli racconta che Visconti era molto esigente con i suoi collaboratori, ma sapeva anche aprirli ai “misteri” e alle “liturgie” dello spettacolo con una finezza incomparabile. Fu da tale “maestro” che ereditò quella passione per il mondo dello spettacolo che di
lì a poco rivelò con l’allestimento di Romeo e Giulietta per la Old Vic Company di Londra (1960), santuario delle opere shakespeariane, dove mai prima di allora nessun regista italiano aveva lavorato.

Già in precedenza, comunque, aveva avuto modo di manifestare il suo talento di regista lirico e drammatico mettendo in scena, tra gli altri spettacoli, La Cenerentola di Rossini (1953) e La traviata di Verdi (1958) con Maria Callas.

Il primo impatto con la regia cinematografica risale al 1957, ma soltanto dieci anni più tardi avvenne il vero debutto con temi a lui congeniali come fu la riduzione cinematografica di La bisbetica domata (1967) e di Romeo e Giulietta (1968). Quest’ultimo film gli valse ben cinque Nastri d’argento assegnati dai giornalisti cinematografici italiani e la nomination agli Oscar americani.

I maggiori teatri lirici del mondo, dalla Scala al Metropolitan di New York, dal Covent Garden di Londra alla Staatsoper di Vienna, l’hanno chiamato ad allestire spettacoli cui il pubblico ha riservato accoglienze trionfali.

Eccezionali pure le affermazioni da lui ottenute sulle scene del teatro di prosa, sia in Italia che all’estero, con i drammi di Shakespeare da Amleto con Giorgio Albertazzi, portato anche a Londra, e Romeo e Giulietta; con La lupa di Verga, che ebbe Anna Magnani come protagonista (in tournée anche nell’ex Unione Sovietica); e con i lavori di autori contemporanei, da Chi ha paura di Virginia
Woolf ? di E. Albee a Dopo la caduta di A. Miller, da Due più due non fanno più quattro di L. Wertmüller a Sabato, domenica e lunedì di Eduardo De Filippo, presentata all’Old Vic di Londra per l’interpretazione di Laurence Olivier.

In forte antitesi con la cinematografia commerciale, Zeffirelli volle dimostrare che il cinema offriva ancora possibilità di affermare i grandi valori dell’uomo e portò sullo schermo la vita di San Francesco d’Assisi nel film Fratello Sole, Sorella Luna (1972). Nel 1976 fece seguito Gesù di Nazareth, realizzato per la RAI-TV e per le reti televisive inglesi e americane. A tutt’oggi visto da oltre 600 milioni di persone, è una delle opere di maggior successo su piccolo schermo. Per la televisione aveva già realizzato, nel 1966, un servizio sull’alluvione di Firenze. Altra occasione televisiva fu il grande concerto celebrativo del secondo centenario della nascita di Ludwig van Beethoven, diretto da Sawallisch, che la RAI-TV poté realizzare per la prima volta nella Basilica di San Pietro, alla presenza di Paolo VI.

Zeffirelli è tornato al cinema con Il campione (The Champ), girato a Hollywood con Faye Dunaway, John Voight e il piccolo Rick Schroeder; successivamente ha girato ancora a Hollywood un secondo film, Amore senza fine, uno fra i maggior successi di pubblico della stagione 1981-82.

Nel 1980 ha realizzato i film-opera Cavalleria rusticana di Mascagni e Pagliacci di Leoncavallo, esperienza che lo ha portato a girare la versione cinematografica de La traviata.

Nel 1988 gira Il giovane Toscanini con Elizabeth Taylor, poi nel 1990 e nel 1994 ritorna in Inghilterra per le riprese di due spettacolari film come Amleto con Mel Gibson, Glenn Close, Helena Bonham-Carter, Alan Bates, e Jane Eyre con William Hurt, Charlotte Gainsbourg, Joan Plowright, Geraldine Chaplin, Anna Paquin e Maria Schneider. In Italia gira Storia di una capinera (1993), Un tè con Mussolini (1998) e l’ultimo suo film, Callas Forever (2001), che ha riscosso ovunque un grandissimo successo di pubblico e di critica.

Nel frattempo ha sempre continuato a dirigere spettacoli lirici alla Scala, a New York, al Covent Garden e nei maggiori teatri d’opera del mondo: Mosca, Vienna, Tel Aviv, Atene…
Negli anni più recenti, dopo l’Aida che ha inaugurato la Stagione 2006-07 del Teatro alla Scala, ha messo in scena all’Opera di Roma La traviata (2007), Tosca (2008), I pagliacci (2009) e Falstaff (2010); nel 2010 ha inaugurato la Stagione dell’Arena di Verona con Turandot. Con la stessa opera ha inaugurato nel 2011 la Royal Opera House di Muscat (in Oman), con i complessi dell’Arena di Verona diretti da Placido Domingo.

Regista sempre alla ricerca della perfezione stilistica e figurativa, ha firmato spettacoli a cui hanno partecipato i più illustri direttori d’orchestra, i cantanti più rinomati e gli attori più popolari: Herbert von Karajan, Leonard Bernstein, Carlos Kleiber, James Levine, Tullio Serafin, Carlo Maria Giulini, Riccardo Muti; Maria Callas (che ha diretto in ben cinque opere), Mirella Freni, Teresa Stratas, Katia Ricciarelli, Placido Domingo, Luciano Pavarotti, Tito Gobbi, Richard Tucker, Piero Cappuccilli; Laurence Olivier, Alec Guiness, Richard Burton, Rod Steiger, Peter Ustinov, Paolo Stoppa, Giorgio Albertazzi, Giancarlo Giannini, John Gielgud, Mel Gibson, Anna Magnani, Rina Morelli, Joan
Plowright, Ann Bancroft, Valentina Cortese, Sarah Ferrati, Monica Vitti, Vanessa Redgrave, Maggie Smith, Cher, Judi Dench, Faye Dunaway e molti altri.

Sin dagli esordi la sua carriera è legata al Teatro alla Scala, dove ha messo in scena numerosi spettacoli – occupandosi non solo della regia ma in molti casi anche delle scene e dei costumi – ripresi e riproposti più volte nel tempo: L’italiana in Algeri (1953), La Cenerentola (1954), L’elisir d’amore (1954-55), Il turco in Italia (1955), Cecchina, o la buona figliola (1957), Mignon (1958),
Don Pasquale (1959), Le astuzie femminili (1960), Lo frate ’nnamorato (1960), La bohème (dal 1963 al 2008; in programma di nuovo nell’autunno 2012), Aida (1963, 1965, 1966, 1976, 2006, 2009), La traviata (1964), Un ballo in maschera (1972, 1975, 1977-78), Otello (1976, 1980, 1982, 1987), Pagliacci (1981, 1984, 1987, 1993), Cavalleria rusticana (1981, 1988), Turandot (1983, 1985, 1988), Il lago dei cigni (1985-86), Don Carlo (1992) e La fille du régiment (1996, 2007).