Il Campiello… a Rovigo

Stagione Lirica e di Balletto 2013/2014

giovedì 13 febbraio 2014 ore 16.00 teatroragazzi

venerdì 14 febbraio 2014 ore 20.30 turno A

domenica 16 febbraio 2014 ore 16.00 turno B

IL CAMPIELLO

commedia lirica in tre atti

musica di Ermanno Wolf-Ferrari

libretto di Mario Ghisalberti

Personaggi Interpreti

Gasparina Roberta Canzian/Paola Pavone

Lucieta Diana Mian/Anna Viola

Gnese Patrizia Cigna/Carolina Pippo

Orsola Cristina Sogmaister/Julija Samsonova Khayet

Dona Cate Panciana Max René Cosotti

Pasqua Polegana Gregory Bonfatti§/Nicola Pamio

Zorzeto Giacomo Patti

Il cavalier Astolfi Maurizio Leoni

Anzoleto Italo Proferisce

Fabrizio dei Ritorti Gabriele Bolletta

Maestro concertatore

e direttore d’orchestra Stefano Romani

Regia Paolo Trevisi

Movimenti coreografici Claudio Ronda

Orchestra Regionale Filarmonia Veneta Coro Li.Ve.

Allestimento del Teatro Sociale di Rovigo.

Produzione in collaborazione con il Gran Teatro la Fenice di

Venezia nel progetto “I Teatri del Veneto alla Fenice”

Fervono i preparativi per la messa in scena de “Il Campiello” . Il nuovo appuntamento della Stagione Lirica del Teatro Sociale di Rovigo, in programma venerdì 14 febbraio alle 20.30 e in anteprima per il Teatroragazzi giovedì 13 febbraio.

L’opera verrà replicata alle 16 di domenica, mentre la presentazione si terrà giovedì 13 alle 18 in Accademia dei Concordi , a cura dell’associazione Amici del Teatro Sociale di Rovigo “Miranda Bergamo Berton”, relatore Massimo Contiero, di cui riportiamo una parte del suo saggio.

…..Dunque Wolf Ferrari aggiunge la sua musica ai versi del Campiello, che il libretto di Ghisalberti cita spesso letteralmente, anche se per uno studioso di Goldoni come l’Ortolani, non sarebbe necessario: “Nel suo genere il Campiello è un capolavoro, ma non dei grandi capolavori che scuotono l’animo ed il cervello: è una visione limpida, perfetta, arguta; è una musica persuadente ed allietante che non ha bisogno d’altre note, che a recitarsi ha un’armonia particolare.”

La simpatia di Goldoni per i ceti popolari, per la loro spontaneità contrapposta all’affettazione dei nobili, gli meritò diffuse ostilità. Inscenare questo “mondo piccolo” era la rivoluzione goldoniana, l’abbandono dei coturni della classicità greco romana, degli eroi e delle mitologie, ma anche la rinuncia alle invenzioni favolistiche di Gozzi, cui lo contrappose una polemica ben nota, in cui fu difeso nientemeno che da Voltaire. Wolf Ferrari però, alla favola talora si accostò, come in Sly (1927) tratta dalle Mille e una notte. Tuttavia sono i sorrisetti, le ciprie, le crinoline, il dialetto, la somiglianza delle melodie a cullanti canzoni da battello che costituiscono la vera cifra stilistica del compositore, ma si deve aggiungere che la sua produzione strumentale, per nulla marginale nel suo catalogo, è ancora priva di una valutazione critica sistematica.

Va rimarcato che l’attenzione di Goldoni per il dialetto, per le ambientazioni borghesi, se non addirittura proletarie, con espressioni in lingua anche piuttosto dirette, testimoniano la volontà di fare teatro con la realtà quotidiana, con quanto vedeva intorno a sé. Nei Memoirs Goldoni scrive, ricordando il debutto della commedia, al Teatro di San Luca nel 1756: “Il Campiello piacque moltissimo; e tuttavia tutto era ricavato dal modo di vivere del basso popolo, con quella verità che, pur troppo, conoscevasi da ciascuno: di maniera che i grandi restarono contenti al par degli inferiori, avendo io già assuefatti i miei spettatori a preferir sempre la semplicità al bello artificioso, ed agli sforzi dell’immaginazione l’ingenua natura”

Al contrario, Wolf-Ferrari, adottando Goldoni come fonte ispiratrice, sembra rifiutare la realtà a lui contemporanea e compie dunque un’operazione di straniamento, a tratti inevitabilmente un po’ dolciastra, identificandosi totalmente con un’epoca che non c’è più. Poiché è un uomo colto,

difende con gli scritti la sua posizione, appellandosi ad un’idea di Bello trascendente, che secondo lui scavalca le ere, le forme e gli stili ed è immutabile: “Chiamano innovatore l’artista che, si dice, apre nuove vie all’arte. Ma in arte non vi sono più vie; non potrebbero essere che ricette; creare bellezza, quell’attimo di bellezza e non altro… I grandi Maestri sono fra loro tutti differenti: ma, contemporaneamente, sono pure figli dello stesso Padre, che è eterno: si sente che, con voci diverse, parlano come un’anima sola”.

Anche se il Campiello fu composto in un appartamento di Roma, dove l’autore stava quasi sempre disteso per problemi di cuore, la vena malinconica, che spesso ispira la musica di Wolf-Ferrari, si fa sentire meno. Il testo suggerisce giochi, balli, litigi che danno vita a vivaci quadretti e talora si sconfina nella farsa, accentuata dal fatto che le due anziane, Donna Catte Panchiana e Donna Pasqua Polegana, sono ruoli maschili affidati ad un tenore e ad un basso (scelta forse dettata anche dal voler ripristinare quella che si riteneva essere un’usanza settecentesca).

Ai nostri giorni si sono spenti i furori critici, avversi al Verismo e alla Giovine Scuola, di Torrefranca e della Generazione dell’Ottanta, cui apparteneva anche Malipiero (che pure musicò Tre commedie goldoniane), ma la critica sull’autore del Campiello e su quest’opera è radicalmente divisa ancor oggi. Da una parte c’è chi ha parlato per lui di “riesumazione del passato” e di “gaiezza smorta”, dall’altra parte lo difende chi nega che abbiano diritto di cittadinanza musicale solo gli innovatori e cita addirittura Richard Strauss e il suo percorso retrospettivo attraverso Il cavaliere della Rosa, L’amore di Danae e Capriccio. Non ce la sentiamo di affermare che i due compositori abbiano uguale statura. Possiamo solo prendere atto che ancor oggi c’è chi desidera interpretare e ascoltare Wolf Ferrari: Sly è stato ripreso, non molti anni fa, da cantanti come Carreras e Domingo in teatri importanti come Barcellona e Torino. I suoi titoli goldoniani, a partire dall’area veneta, sono rappresentati abbastanza di sovente e non è morta la lingua veneziana che li anima e, se pure la gente e i tempi sono cambiati, campi e campielli sono lì, come sempre, nel paesaggio urbano della città lagunare, a suggerire il dubbio che si tratti invece di una quinta teatrale.

Stagione Lirica e di Balletto 2013/2014

giovedì 13 febbraio 2014 ore 16.00 teatroragazzi

venerdì 14 febbraio 2014 ore 20.30 turno A

domenica 16 febbraio 2014 ore 16.00 turno B

IL CAMPIELLO

commedia lirica in tre atti

musica di Ermanno Wolf-Ferrari

libretto di Mario Ghisalberti

Personaggi Interpreti

Gasparina Roberta Canzian

Lucieta Diana Mian

Gnese Patrizia Cigna

Orsola Cristina Sogmaister

Dona Cate Panciana Max René Cosotti

Pasqua Polegana Gregory Bonfatti

Zorzeto Giacomo Patti

Il cavalier Astolfi Maurizio Leoni

Anzoleto Italo Proferisce

Fabrizio dei Ritorti Gabriele Bolletta

Maestro concertatore

e direttore d’orchestra Stefano Romani

Regia Paolo Trevisi

Movimenti coreografici Claudio ronda

Orchestra Regionale Filarmonia Veneta Coro Li.Ve.

Allestimento del Teatro Sociale di Rovigo.

Produzione in collaborazione con il Gran Teatro la Fenice di

Venezia nel progetto “I Teatri del Veneto alla Fenice”

La Stagione Lirica del Teatro Sociale di Rovigo prosegue con “Il Campiello”, in scena venerdì 14 febbraio alle 20.30. L’opera sarà proposta in anteprima per il Taetroragazzi giovedì 13 e in replica alle 16 domenica 16 febbraio.

La presentazione si terrà giovedì 13 alle 18 in Accademia dei Concordi , a cura dell’associazione Amici del Teatro Sociale di Rovigo “Miranda Bergamo Berton”, relatore Massimo Contiero.

Di seguito note di regia

PRIMA LE PAROLE E POI LA MUSICA

di Paolo Trevisi

Non c’è due senza tre.

Tra le tante regie che ho fatto al Teatro “Sociale” di Rovigo è la terza volta che ci vengo per mettere in scena “Il Campiello” di Wolf-Ferrari. Credo che ci troviamo di fronte ad un record, ma si comprende anche che è un’opera molto amata dal pubblico rodigino.

Nel mettere in scena quest’opera non si può non fare un continuo parallelo di raffronto con l’omonima commedia di Goldoni da dove, Mario Ghisalberti, ha tratto il libretto per il compositore.

Tale parallelo viene spontaneo e, oserei dire, obbligatorio per un regista come il sottoscritto che viene da un lunga esperienza di prosa prevalentemente goldoniana sia come capocomico ma anche come attore.

I cinque atti della commedia in prosa vengono, nell’opera, ridotti a tre. Di conseguenza certe situazioni sono spostate da un atto all’altro o, in certi casi sopresse come ad esempio il gioco della “venturina” che apre la commedia del Goldoni e che serve per presentare al pubblico i difetti ed i caratteri dei vari personaggi.

L’opera inizia dalla scena terza della commedia, devo però sottolineare che questi tagli non incidono che marginalmente nella composizione drammaturgica di quest’opera lirica e sono stati necessari al fine di dare alla composizione una durata ragionevole.

La commedia goldoniana è in versi ma, come dice l’autore stesso: “Questi versi non sono i soliti versi martelliani, ma versi liberi di sette e di undici piedi, rimati e non rimati a piacere, secondo l’uso dei drammi che si chiamano musicali”.

La riduzione del Ghisalberti rispetta tali versi, la bravura quindi del Maestro Wolf-Ferrari consiste nell’aver musicato un libretto scritto circa duecento anni prima. Infatti, mentre la prima dell’opera avveniva la sera dell’11 febbraio del 1939 al Teatro “Alla Scala”, la commedia debuttava giovedì 19 febbaio del 1756 al Teatro “San Luca” di Venezia, come si può riscontrare nei notatori Gradenigo: “il carnevale del 1756 si chiuse trionfalmente nel Teatro di San Luca con un capolavoro goldoniano” – Il Campiello appunto.

Se pensiamo al Divertimento Teatrale di Antonio Salieri “ Prima la Musica e poi le Parole”, come molte volte avveniva, il poeta doveva assecondare con i suoi versi il musicista e alcuni temi musicali già composti, possiamo quindi affermare che, con Wolf-Ferrari avviene il contrario.

Commedia corale che preannuncia il capolavoro delle “Baruffe Chiozzotte” che vedranno la luce nel 1762. Versi a parte, la costruzione dei due lavori è piuttosto simile anche nella distribuzione dei ruoli, nelle “Baruffe” ci sono delle famiglie che sviluppano la loro azione scenica attorno al personaggio del “Cogitor” mentre, nel “Campiello”, l’azione si sviluppa attorno alla figura del Cavalier Astolfi, il personaggio di Anzoleto ci ricorda il Titta Nane, Zorzeto invece il Toffolo Marmottina, mentre la Gnese è Checchina e potrei continuare.

La trama si può dire che non ci sia, come sottolinea giustamente Giuseppe Ortolani, “Noi godiamo una giornata di sole, all’aperto, nell’angusto ma pittoresco campiello, con poche anime semplici, chiassose, tumultuose ma buone, che hanno bisogno d’amore e d’allegria”.

Vi sono molte situazioni comiche create, nel nostro caso, dalle due vecchie; Pasqua e Cate che no si rassegnano “all’età” e sono ancora piene de “morbin”, desiderose di rimaritarsi. Nell’opera, come molte volte avviene anche in prosa, i due ruoli sono interpretati da uomini, nel caso nostro due tenori .

Una festa quindi per gli occhi, le orecchie e per lo spirito, una gioia calma, sorridente, che ci ridona il vero senso della vita sano e giocondo, senza scosse, senza nervosità, senza curiosità patologiche, senza morbosità.

Lo scrittore americano Chatfield Taylor così scrive a tale proposito: “E’ proprio in queste sue intraducibili commedie dialettali, come Il Campiello, che il Goldoni vero poeta del popolo, è unico fra i grandi drammaturghi del mondo”.

Ricordo il mio debutto come regista d’opera era il 1976, mi fu affidata l’opera “I Quattro Rusteghi” per celebrare il centenario della nascita del Maestro. In quell’occasione pensai di far debuttare come scenografo e costumista l’amico pittore Pino Gambino, da sempre cantore con la sua tavolozza di Venezia.

Dopo quattro anni mi affidarono la regia de “Il Campiello” e, vista la fortunata esperienza con Gambino, ho voluto tentare di coinvolgere uno dei più grandi artisti e che mai si era cimentato come scenografo, l’allora novantenne Virgilio Guidi, accettò con un entusiasmo giovanile.

Una grande ed indimenticabile esperienza fu la nostra collaborazione, cordiale, serena e ricca di umanità, credo che nessuno meglio di lui poteva esprimere un’idea pittorica del Campiello più fedele, corretta, chiara e nello stesso tempo moderna, pur mantenendo le linee essenziali della tradizionalità.

Circa 25 anni fa quella produzione è approdata anche a Rovigo circa 25 anni fa.

Per questa edizione ho scelto una scenografia tradizionale della ditta Sormani-Cardaropoli che, nel 1946/47, è stata data alla Fenice, eravamo nel primo dopo guerra. E’ una scena semplice ma che rappresenta in modo egregio i valori e le volontà degli autori, cosa questa fondamentale per lo scrivente che non desidera stravolgere l’opera per il grande rispetto che da sempre porta per coloro i quali hanno pensato e composto la loro bellissima fatica.