Death in Venice si presenta

Di Benjamin Britten

libretto di Myfanwy Piper

Quarto appuntamento del ciclo

“Prima delle prime”

Stagione 2010/2011 – organizzato dagli Amici della Scala

TEATRO ALLA SCALA
RIDOTTO DEI PALCHI “A. TOSCANINI”
MERCOLEDI’ 23 FEBBRAIO 2011 ORE 18.00

1912 – La novella Der Tod in Venedig di Thomas Mann mette a fuoco l’attrazione che si produce tra l’artista che crea faticosamente bellezza e l’oggetto ispiratore, un ragazzo che impersona la bellezza assoluta. Legame pudico, limitato a sguardi e sorrisi, sofferto come equivoco nell’ambientazione di una Venezia libidinosa contagiata dal colera. 1971 – Il film Morte a Venezia di Luchino Visconti esalta in fluire di immagini rapinose, fascino della decadenza e cedimento doloroso alla deriva.
1973 – Benjamin Britten anziano, sofferente di cuore, specchia nell’ultima sua opera la propria inquietudine d’artista e la forza ispiratrice che l’ha legato all’ interprete e compagno di vita Peter Pears. Crea un’opera musicale di passo cinematografico. La musica accompagna l’introspezione intellettuale e sentimentale del protagonista Aschenbach. Scrittore di fama, ci appare in crisi a Monaco, il pensiero svuotato di creatività, e intraprende un viaggio al Sud, a Venezia, per ritemprarsi. Sul battello per Venezia la premonizione di giovani e canti sguaiati, guidati da un vecchio vizioso truccato da giovane. Nella città ambigua tra acqua e pietra il suo destino scorre portato da volontà altrui: il Gondoliere che lo sbarca al Lido, il contrattempo dei bagagli che non lo lascia partire, il barbiere che alla fine truccherà anche lui…Osserva gli ospiti, e il ragazzo d’una famiglia polacca attira il suo sguardo, provoca una folgorazione di bellezza sovrumana, di perfezione greca che gli sconvolge l’esistenza. Il ragazzo si esprime in danza, senza parole. La
contemplazione furtiva di lui che gioca coi compagni sulla spiaggia è accompagnata da un battito delicato di percussioni orientali, intrecciate a cori di stupore estatico o lancinante che interpretano i pensieri di Aschenbach. Appare anche Apollo, quando Tadzio vince tutti i giochi, interpretato da un controtenore che vocalizza una antica melopea. Il protagonista si esprime in recitativo, seguendo, con nitore e trasalimenti, le proprie reazioni; e si apre talora ad ariosi di mistero, sulla bellezza della città, o sfogo convulso quando si sente ormai posseduto da caos e malessere. Trasparente l’orchestra scivola e avvolge, accoglie personaggi e gruppi anche chiassosi, sgradevoli, sfuma in lirica nostalgia l’uscir di scena del ragazzo, intatto nella sua grazia, mentre lo scrittore ricade morto sulla sua sediasdraio.

(testo di F.C.)

Ne parleranno Carlo Maria Cella, musicologo e capo ufficio stampa Teatro alla Scala e Chiara Sandrin, docente di Letteratura tedesca presso l’Università degli Studi di Torino, nell’incontro “Il canto del cigno” con ascolti e video.

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti

Supporto tecnico Meeting Project s.r.l. service audio-video Milano

Stagione d’Opera e Balletto 2010 ~ 2011

5, 8, 10, 12, 15, 19 marzo 2011

DEATH IN VENICE

opera in due atti

Benjamin Britten

di

libretto di Myfawny Piper

(Edizione Faber, London;
rapp. per l’Italia Universal Music Publishing Ricordi srl., Milano)

Prima rappresentazione: Snape, Suffolk, The Maltings, 16 giugno 1973

Nuova allestimento

EDWARD GARDNER

Direttore

Regia DEBORAH WARNER

Scene Tom Pye

Costumi Chloe Obolensky

Coreografia Kim Brandstrup

Luci Jean Kalman

Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala

Produzione della English National Opera di Londra

Prezzi: da 187 a 12 euro

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

Cast e distribuzione:

Gustav von Aschenbach      John Graham-Hall
The Traveller /
The Elderly Fop /
The Old Gondolier/
The Hotel Manager/
The Hotel Barber /
The Leader of the Players /
The Voice of Dyonisus       Peter Coleman-Wright
The Voice of Apollo         Iestyn Davies
Hotel Porter                Peter van Hulle
Strawberry Seller           Anna Dennis,Donal Byrne
Guide                       Charles Johnston
Strolling Players           Anna Dennis,Donal Byrne

English Clerk               Jonathan Gunthorpe
The Glass maker             Richard Edgar-Eilson
Lace Seller                 Constance Novis
Beggar Woman                Madeleine Shaw
Restaurant Waiter           Benoit De Leersnyder

sabato 5 marzo 2011 ore 20 ~ prima rappresentazione, turno F

martedì 8 marzo 2011 ore 20 ~ turno B

giovedì 10 marzo 2011 ore 20 ~ turno E

sabato 12 marzo 2011 ore 20 ~ turno D

martedì 15 marzo 2011 ore 20 ~ turno C

sabato 19 marzo 2011 ore 20 ~ turno A

L’OPERA IN BREVE

di Cesare Fertonani

dal programma di sala del Teatro alla Scala

Benjamin Britten aveva a lungo vagheggiato di trarre un’opera dal capolavoro di Thomas Mann, Tod in Venedig [Morte a Venezia] (1911), ma soltanto nel settembre del 1970, cioè subito dopo aver terminato Owen Wingrave, chiese a Myfawny Piper – che aveva già collaborato con il compositore in The Turn of the Screw (1954) e, appunto, in Owen Wingrave (1971) – di realizzarne un libretto. La genesi dell’opera, composta tra gli ultimi mesi del 1971 e la fine del
1972 (con alcune modifiche significative introdotte a posteriori sino al 1975), curiosamente venne così quasi a coincidere con l’uscita del film Morte a Venezia (1971) di Luchino Visconti, che tuttavia, a quanto pare, Britten evitò di vedere.

Almeno alcune delle ragioni dell’interesse di Britten per il capolavoro di Mann sono del tutto evidenti. Intanto la conturbante, pericolosa forza di attrazione esercitata da un ragazzo su un uomo adulto e lo struggimento per la bellezza, intesa come valore etico oltre che estetico, sono temi ricorrenti nel teatro di Britten: al riguardo, basta pensare a Billy Budd (1951). Proprio il ruolo che la bellezza gioca nell’esperienza esistenziale e creativa dell’artista costituisce forse l’aspetto decisivo di questi temi: chi si lascia conquistare dalla forza seduttiva e sconvolgente
della bellezza sensuale può forse trarne ispirazione per la propria arte – in un rapporto comunque ambiguo e conflittuale con l’aspirazione al controllo razionale e al conseguimento di una perfezione puramente formale – ma al contempo non può sottrarsi al vortice fatale della passione.
I problemi posti dalla trasposizione drammatica del racconto di Mann furono risolti dagli autori con efficacia. Nell’opera in due atti il soggetto è distribuito in 17 scene (7 nel primo, 10 nel secondo atto), che si susseguono con scorrevole e articolata drammaturgia narrativa enucleando i momenti essenziali della narrazione. Come in The Turn of the Screw, nel disegno dell’azione all’ascesa nel primo atto (qui, si potrebbe dire, nel segno di Apollo) fa riscontro la
caduta del secondo (quando a trionfare è Dioniso).Al centro dell’opera si pone, protagonista assoluto, Aschenbach (tenore), tanto che tutta la vicenda appare vissuta dal suo punto di vista.
Il suo antagonista vocale (basso-baritono) si moltiplica per dare voce a Dioniso e ai personaggi che ne incarnano le diverse apparizioni umane come messaggeri del destino che incombe su Aschenbach: il Viaggiatore, il Bellimbusto attempato, il Vecchio gondoliere, il Direttore e il Barbiere dell’hotel, il Capo dei musicanti. Gli altri ruoli, tra cui la voce di Apollo (controtenore), sono poco più che comparse. Con felice intuizione, i ruoli di Tadzio e i suoi familiari –
personaggi che nel racconto di Mann parlano pochissimo e con i quali Aschenbach non scambia comunque neppure una parola – sono affidati a danzatori-mimi: l’estraneità di questi ultimi all’azione cantata segna dunque l’incomunicabilità tra il protagonista e il mondo in cui vive l’oggetto dei suoi desideri. All’estrema economia dei personaggi corrispondono la concisione delle forme musicali, l’intensa essenzialità dell’espressione vocale, la dimensione trattenuta e quasi cameristica del trattamento orchestrale: anima insomma l’opera una cifra di asciuttezza
che mira a porre in rilievo la stretta claustrofobica e ossessiva intorno al protagonista (una scelta, per intendersi, in deciso contrasto con la magnificenza visiva estetizzante e le risonanze mahleriane del film di Visconti).

Per quanto riguarda la struttura musicale, Death in Venice offre al pari delle precedenti opere di Britten una fitta rete di temi e motivi riferibili al caratteristico tardo stile del compositore in cui saldi fondamenti dell’armonia tonale si intrecciano con elementi della sua personale assimilazione della serialità. Aschenbach si esprime soprattutto attraverso un libero e flessibile recitativo, aderente al dispiegarsi del testo drammatico, accompagnato dal pianoforte ma che all’occasione si distende in morbide campate liriche; mentre il mondo di Tadzio è connotato dall’impiego delle percussioni intonate che ricordano le sonorità luminose del gamelan. Le sei apparizioni umane di Dioniso sono basate sullo stesso materiale musicale, di volta in volta sottoposto a sottili variazioni per ottenere un relativo grado di individualità.

Ultima opera di Britten, Death in Venice è anche quella del compositore più direttamente legata alla personalità artistica del suo compagno di vita e interprete d’elezione, il tenore Peter Pears, al quale è del resto dedicata. La parte di Aschenbach, che è in scena dall’inizio alla fine, fu appunto modellata con cura affettuosa intorno alle risorse vocali e alle raffinate capacità espressive di Pears. La prima rappresentazione ebbe luogo a Snape, The Maltings, nei pressi
di Aldeburgh (Suffolk), il 16 giugno 1973. Peter Pears interpretò Aschenbach, John Shirley-Quirk i personaggi che incarnano le apparizioni di Dioniso, Robert Huguenin il ruolo danzato di Tadzio; a dirigere l’orchestra era Steuart Bedford. La produzione fu poi rappresentata nell’ottobre del 1973 al Covent Garden di Londra e nell’ottobre del 1974 al Metropolitan di New York. Nel frattempo, il 20 settembre 1973, era avvenuta anche la prima rappresentazione
italiana, al Teatro La Fenice di Venezia.

IL SOGGETTO

di Cesare Fertonani

dal programma di sala del Teatro alla Scala

Atto primo
Scena prima. Monaco. Il celebre scrittore Aschenbach, che in arte subordina le ragioni del controllo razionale a quelle della passione, attraversa una profonda crisi personale e creativa; il racconto di un misterioso viaggiatore, incontrato nei pressi del cimitero, lo convince a partire per il Sud nella speranza di infondere nuova forza alla sua ispirazione.

Scena seconda. Sul battello per Venezia. Tra i passeggeri del battello che lo porta a Venezia, Aschenbach incontra un bellimbusto attempato, vestito e imbellettato in modo grottesco per sembrare giovane; l’apparizione di questa detestabile figura getta un’ombra inquietante sull’arrivo dello scrittore nella Laguna.

Scena terza. Il viaggio al Lido. Sebbene il vecchio gondoliere che trasporta Aschenbach al Lido sia a sua volta una figura sinistra, che scompare non appena la barca tocca terra, e la gondola gli appaia come una visione di morte, lo scrittore confida nei benefìci che gli arrecherà il soggiorno a Venezia.

Scena quarta. La prima sera all’hotel. Il direttore dell’hotel accompagna Aschenbach in camera.
Di lì a poco lo scrittore vedrà nella sala da pranzo un ragazzo polacco di conturbante bellezza, Tadzio, attorniato dai suoi familiari: l’apparizione induce Aschenbach a riflettere sull’ambigua forza d’attrazione che la bellezza esercita sull’artista.

Scena quinta. Sulla spiaggia. Sebbene non riesca a lavorare, Aschenbach intende rimanere a Venezia. Sulla spiaggia ha occasione di ammirare di nuovo la bellezza conturbante di Tadzio che gioca con altri ragazzi.

Scena sesta. La partenza evitata. Dopo una visita alla città, durante la quale è infastidito dallo scirocco e dai venditori ambulanti, Aschenbach decide di partire. Un errore nella spedizione dei suoi bagagli lo costringe tuttavia a rimanere: scorgendo Tadzio, lo scrittore è irritato e al contempo felice di non esser riuscito a partire.

Scena settima. I giochi di Apollo. Sulla spiaggia Aschenbach crede di identificare i giochi di Tadzio e dei suoi compagni con gli antichi riti in onore di Apollo; in stato di estasi, inebriato dal potere della bellezza, confessa – senza essere udito – di amare il ragazzo.

Atto secondo

Scena prima (ottava). Il negozio del barbiere dell’hotel. Aschenbach apprende nella bottega di un’epidemia che infesterebbe Venezia, ma le risposte del barbiere al riguardo sono molto evasive.
Scena seconda (nona). L’inseguimento. Aschenbach trova conferma dell’epidemia di colera nell’atmosfera malsana della città e nelle notizie dei giornali tedeschi. Lo scrittore, che segue Tadzio e i suoi per le calli e i campi di Venezia, teme che la famiglia polacca possa abbandonare la città.

Scena terza (decima). I musicisti di strada. Aschenbach assiste, con gli altri ospiti dell’hotel, a un’esibizione di alcuni musicisti di strada; come già le risposte del barbiere, anche quelle del capo dei musicanti sull’epidemia suonano evasive, oltre che sinistramente minacciose.

Scena quarta (undicesima). L’agenzia di viaggi. Aschenbach è in una folla di turisti che chiedono notizie certe sull’epidemia e cercano di abbandonare Venezia; alla fine, l’impiegato dell’agenzia ammette che la città è effettivamente infestata dal colera e consiglia allo scrittore di partire al più presto.

Scena quinta (dodicesima). La signora delle perle. Aschenbach ha deciso di informare la madre di Tadzio del pericolo dell’epidemia ma quando la vede nell’hotel non riesce a parlarle; l’unica cosa di cui davvero gli importa è il suo amore per il ragazzo.

Scena sesta (tredicesima). Il sogno. Durante un sonno febbrile, Aschenbach sogna di ascoltare una controversia tra Apollo e Dioniso e di partecipare al trionfo di quest’ultimo in un’orgia di canti e danze.

Scena settima (quattordicesima). La spiaggia deserta.Aschenbach osserva i giochi di Tadzio e dei suoi compagni sulla spiaggia deserta.

Scena ottava (quindicesima). Il negozio del barbiere dell’hotel. Nella bottega del barbiere Aschenbach si tinge i capelli e si imbelletta il viso per apparire più giovane e attraente.

Scena nona (sedicesima). L’ultima visita a Venezia. Così truccato,Aschenbach segue un’ultima volta la famiglia polacca per le calli di Venezia: eccitato ed esausto, lo scrittore è ormai disperatamente conscio della propria passione per Tadzio. Acquista delle fragole che sono troppo mature e ammuffite; mangiandole, contrae l’infezione del colera. Riferendosi al Fedro di Platone, Aschenbach medita sul cammino che conduce dalla scoperta sensuale della bellezza
agli abissi della passione.

Scena decima (diciassettesima). La partenza. Nell’hotel Aschenbach apprende che la famiglia polacca è in partenza. Per l’ultima volta, seduto sulla spiaggia, lo scrittore assiste al gioco di Tadzio e dei suoi compagni. Il gioco ora si fa violento e Tadzio è atterrato dall’amico Jaschiu:
Aschenbach emette un grido e quando il ragazzo si rialza, volgendosi verso di lui, collassa e muore.