Bob Wilson, i Berliner e un’Opera da 3 soldi

L’OPERA DA TRE SOLDI FIRMATA BOB WILSON
INAUGURA LA STAGIONE DI OPERA DI REGGIO EMILIA

Sabato 11 dicembre, alle ore 20, domenica 12 dicembre alle ore 16 al Teatro Valli l’opera di Brechet con le musiche di Kurt Weill nel memorabile allestimento con il Berliner Ensemble

Quello che andrà in scena al Teatro Valli di Reggio Emilia, sabato 11 dicembre alle ore 20 e domenica 12 dicembre alle ore 16 e che inaugura la stagione di opera 2010-2011 è un capolavoro che nasce dall’incontro di due tra le più distanti figure che si possano pensare: quella di Bertolt Brecht, autore-simbolo di un teatro rabbiosamente politico e Bob Wilson, regista, instancabile creatore di geometrie, artista dedito al puro segno grafico. Lo scambio porta in scena un’Opera da Tre Soldi, che ha avuto clamorosi successi e che nel 2009 si è aggiudicato il premio Ubu come migliore spettacolo straniero in Italia.
Un memorabile allestimento realizzato col Berliner Ensemble, compagnia considerata erede legittima di Brecht, con sede nello stesso teatro dove Die Dreigroschenoper (L’opera da tre soldi) venne rappresentata per la prima volta. Un’acre commedia ambientata nei bassifondi di Londra, tra ladri e prostitute che riproducono nel proprio microcosmo le dinamiche della società dei ricchi e dei potenti, un’opera che contiene alcuni dei più celebri songs di Kurt Weill.
Andata in scena per la prima volta nel 2007 sullo stesso palcoscenico del Theater am Schiffbauerdamm che ne vide il debutto il 31 agosto del 1928, L’Opera da tre soldi firmata da Robert Wilson, con la drammaturgia di Jutta Ferbers, rivela un Brecht comico e sensuale, grottesco e perverso.
Una trama assai sgangherata (il gangster Macheath sposa la figlia di un re dei bassifondi che lo fa arrestare e condannare alla forca; ripetutamente denunciato dai suoi amici, alla fine è salvato grazie a un incongruo intervento reale) legata dalle meravigliose musiche di Kurt Weill, che ancora oggi comunicano irresistibilmente tutta la rabbia, l’impotenza, l’energia repressa e la cinica disperazione della Germania in ginocchio dopo la Grande Guerra.
L’intellettualissimo Bob Wilson pone in una scena astratta motivi di sbarre fluorescenti che contro uno sfondo nero compongono disegni geometrici: bianco e nero anche per tutti gli interpreti, con facce coperte di biacca e boccucce scarlatte come attori del cinema muto. Grande il cast del Berliner Ensemble, venti formidabili attori-cantanti tra cui Stefan Kurt è un Macheath biondissimo e quasi femmineo, Christina Drechsler una Polly piccola e elettrica, Axel Werner un cadaverico Tiger Brown, il capo della polizia… A rispondere a domande e curiosità di spettatori e critica sulla genesi del lavoro sarà lo stesso Wilson, ospite, con la drammaturga del Berliner Ensemble Jutta Ferbers, all’incontro condotto dal regista Daniele Abbado, sabato 11 dicembre alle ore 17.30 presso la Sala degli Specchi del Teatro Valli .

Prologo .
Un cantore (aggiornamento novecentesco del menestrello) intona a mo’ di presentazione la Ballata di Macheath.

Atto primo .
Peachum, organizzatore di una vasta rete di finti accattoni londinesi, viene a scoprire la relazione che lega la figlia Polly a Macheath (detto Mackie Messer) e monta su tutte le furie; ciò non impedisce ai due di sposarsi ugualmente e di meditare sul futuro della banda, di cui Mackie non pare molto soddisfatto. Tra gli invitati giunti a congratularsi c’è anche Brown, il capo della polizia, impegnato nei preparativi per la festa imminente dell’incoronazione; la scena termina con il Liebeslied (canto d’amore) di Polly e Mackie rimasti soli mentre cala la notte (“Siehst du den Mond über Soho?”).

Atto secondo .
Intanto Peachum è deciso a eliminare l’indesiderato genero con mezzi legali, ossia denunciandolo; sua moglie sospetta che se ne stia nascosto e protetto presso alcune prostitute di antica conoscenza; Polly avvisa Macheath del pericolo e lo esorta a fuggire, impegnandosi a guidare personalmente la banda (qui si colloca il celebre ‘Polly’s Lied’ “Er kommt nicht wieder”); tradito da Jenny, Macheath finisce ugualmente in cella, dove non si perde d’animo, sicuro com’è che qualche donna certamente lo aiuterà a tornare libero. Si presentano davanti alla prigione Polly e Lucy, quest’ultima (figlia di Brown) a sua volta segretamente sposata al fedifrago recluso, che ispira alle due donne un invettivale sfogo di gelosia (Eifersuchtsduett, duetto della gelosia). Polly viene poi allontanata a viva forza dalla prigione per intervento della madre, inopinatamente ricomparsa; rimasta sola, Lucy riesce a far evadere Macheath.

Atto terzo .
Peachum passa al contrattacco e predispone un piano con cui sabotare il regolare svolgimento della festa dell’incoronazione intrecciandovi una controproducente sfilata di (finti) accattoni; arrestato da Brown, lo minaccia di rivelare i loschi legami che lo vincolano al bandito; messo in tal modo con le spalle al muro, Brown fa ricercare Macheath (è Peachum stesso a fornirgli tutte le indicazioni necessarie) e lo fa arrestare. Il malvivente aspetta ormai l’esecuzione della condanna capitale; suonano le campane di Westminster e Macheath viene portato via; ma invece della notizia della sua morte arriva quella della sopravvenuta grazia, corredata per graziosa intercessione della regina dalla donazione di un castello e di un titolo nobiliare; ma l’ultima parola spetta a Peachum, che invita a non prestar fede al lieto fine, perché nella realtà le grazie arrivano molto raramente, soprattutto se a ribellarsi sono i deboli.