Aspern di Sciarrino da Henry James debutta a Venezia

Aspern di Salvatore Sciarrino al Teatro Malibran prosegue l’indagine del Teatro La Fenice sul teatro musicale italiano contemporaneo

Mercoledì 2 ottobre 2013 alle ore 19.00 (turno A), quindicesimo appuntamento della Stagione lirica 2012-2013, andrà in scena al Teatro Malibran la prima rappresentazione veneziana di Aspern, Singspiel in due atti di Salvatore Sciarrino su libretto dello stesso compositore e del regista Giorgio Marini tratto dal racconto The Aspern Papers (Il carteggio Aspern) di Henry James.
Ambientato a Venezia a fine Ottocento e punteggiato da citazioni di canzoni da battello settecentesche e di testi di Lorenzo Da Ponte, Aspern si inserisce nel filone dei lavori lirici ispirati o legati alla città lagunare (dall’Otello di Verdi a Die tote Stadt di Korngold a Death in Venice di Britten, per non citarne che alcuni tra gli ultimi andati in scena a Venezia), proseguendo al contempo l’indagine del Teatro La Fenice sul teatro musicale italiano contemporaneo, che ha avuto recentemente due punte di diamante nelle riproposizioni di Intolleranza 1960 di Luigi Nono e di Lou Salomé di Giuseppe Sinopoli. Andato in scena per la prima volta a Firenze nel 1978, Aspern costituisce infatti uno dei primi lavori teatrali (dopo Amore e Psiche del 1973) di un autore, Salvatore Sciarrino, che ha in seguito dedicato molte energie al teatro musicale, da Lohengrin a Luci mie traditrici fino ai recenti La porta della legge e Superflumina, riscuotendo ampi consensi in Italia e soprattutto all’estero.
La nuova produzione del Teatro La Fenice in scena al Teatro Malibran sarà diretta da Marco Angius, apprezzato specialista del repertorio contemporaneo e sciarriniano in particolare, e vedrà nell’unico ruolo vocale, quello della cantatrice, il soprano Zuzana Marková, già applaudita al Teatro Malibran in Powder Her Face di Thomas Adès. I ruoli attoriali del narratore, di Giuliana Bordereau e di Titta Bordereau saranno invece affidati all’attore Francesco Gerardi e a studenti dell’Università Iuav di Venezia, mentre l’ensemble strumentale che accompagna l’opera sarà costituito da membri dell’Orchestra del Teatro La Fenice.
Per quanto riguarda l’allestimento, Aspern rinnova l’ormai pluriennale collaborazione con il Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche del Teatro dell’Università Iuav di Venezia diretto da Walter Le Moli, con regia, scene, costumi e luci ideati dagli studenti del Laboratorio di Teatro Musicale sotto la guida dei tutorsMonique Arnaud per la regia, Margherita Palli per le scene, Gabriele Mayer per i costumi e Claudio Coloretti per le luci.
L’opera è prodotta in collaborazione con la Biennale di Venezia nell’ambito del 57. Festival Internazionale di Musica Contemporanea, rappresentando così un ritorno all’ambito teatrale della storica collaborazione tra Fenice e Biennale Musica, dopo alcuni anni di impegno sul versante della musica sinfonica.
La prima di mercoledì 2 ottobre 2013 sarà seguita da quattro repliche, sabato 5 (turno C) e domenica 6 (turno B) alle 15.30, e martedì 8 (turno D) e giovedì 10 (turno E) alle 19.00.

Tratto, come The Turn of the Screw di Benjamin Britten, da un racconto di Henry James, Aspern di Salvatore Sciarrino fu rappresentato per la prima volta nel 1978 a Firenze, nell’ambito del 41° Maggio Musicale Fiorentino. Tanto Aspern che il racconto originale The Aspern Papers, che Henry James scrisse nel 1887 tra Venezia e Firenze, sono ambientati a Venezia, nello spettrale palazzo dove l’ottuagenaria Giuliana Bordereau, un tempo amante del poeta americano Geoffrey Aspern, vive con la nipote cinquantenne Titta, e contengono la labirintica narrazione degli inconcludenti tentativi del protagonista, un pubblicista americano appassionato di Aspern, di mettere le mani sul carteggio del poeta.
L’impianto del libretto, steso dallo stesso Sciarrino assieme al regista Giorgio Marini, rivela fin dall’inizio un progettodrammaturgicamente complesso volto a spremere la sostanza narrativa del racconto più che a trasporlo in versione operistica: non una versione drammatica del testo di James, ma un insieme di frammenti che evocano la vicenda piuttosto che rappresentarla; non un ‘dramma’ in cui c’è identificazione tra discorso verbale e personaggi, ma una narrazione in cui le frasi si frammentano e circolano di continuo tra i tre attori; non un testolineare, ma un collage che accosta i frammenti di James a celebri arie di Lorenzo Da Ponte, che col testo principale stanno in rapporto di analogia, di metafora o di sottile contrasto.
Dal punto di vista musicale, è lo stesso Sciarrino a etichettare Aspern come un Singspiel alla maniera settecentesca, col suo mix di pezzi chiusi, recitazione, melologhi e brani strumentali; ma – precisa il compositore – la lente attraverso cui si occhieggia a quel certo tipo di teatro musicale rimanda un’immagine deformata, in cui trovano posto non solo citazioni più o meno scoperte dalle Nozze di Figaro (il testo originale di James è invece zeppo di rimandi shakespeariani), ma anche un ammiccamento al Verdi ‘notturno’ dell’atto terzo di Aida, e persino passaggi da composizioni dello stesso Sciarrino: il Capriccio n. 5 del 1976 e due delle Dodici canzoni da battello del 1977, basate su melodie veneziane del Settecento. Il tutto ‘montato’ in una struttura dalla simmetria speculare: due atti; ciascuno con un climax centrale, con due arie su testo di Da Ponte e con una canzone da battello; e con la musica dell’Ouvertura iniziale che torna a udirsi nell’Epilogo conclusivo.
L’altro tema musicale, nelle parole di Marini, è «la musica che divora le parole». L’orchestra di Aspern, in realtà, è di dimensioni piuttosto ridotte (due flauti, percussioni, clavicembalo, viola e violoncello, più una voce di soprano), e ricorre spesso ad evanescenti agglomerati di armonici ai limiti dell’udibilità, ma è pur vero che intrattiene con le parole un rapporto affatto dialettico. L’emblema musicale di questa ‘famelica’ convivenza è, su indicazione dello stesso compositore, la Scena della stanza vuota nell’atto primo, in cui l’apertura e la chiusura di una porta a due battenti da parte dei personaggi, che attraversano una lunga infilata di stanze vuote, segna lo spegnersi (alla loro entrata) e il riprendere (alla loro uscita) delle trame sonore disegnate dagli strumenti dell’ensemble, a rappresentare – con l’inversione di pieno e di vuoto – la vita intensa che anima luoghi e oggetti, in contrasto con l’autoreferenzialità e l’incapacità di comunicare dei vivi.