Torna Temirkanov a Ravenna con Vadim Repin

Sinfonie e maestri dalla Grande Madre Russia
Yuri Temirkanov sul podio dell’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, sabato 7 giugno (ore 21.00) al Pala de André. Solista, Vadim Repin

I maggiori direttori d’orchestra del mondo, sul podio di orchestre straordinarie, per proporre al pubblico pagine immortali di musica sinfonica. Questo è uno fra i principali impegni che si è assunto Ravenna Festival nei propri 25 anni di vita. Così l’edizione 2014 apre questa ‘sezione’ con il grande direttore russo Yuri Temirkanov alla guida della sua prestigiosa Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo in un programma dedicato a quelle che sono state definite le ‘tutte le sfumature del russo’. Con un po’ di umorismo, potrebbe infatti essere questo il titolo del concerto di Temirkanov, in questa occasione affiancato dall’infallibile archetto di Vadim Repin. Ma oltre a essere in scena con Repin, “il migliore e più perfetto violinista mai udito” (secondo Yehudi Menhuin), di celebri autori russi sono anche tutti i brani in programma: dalla fantasia sinfonica ‘Francesca da Rimini’, che Čajkovskij compone nel 1876 ispirandosi alla Divina Commedia, all’immortale ‘Petruška’ di Stravinskij, ispirato alla marionetta a metà fra Pinocchio e Pierrot, passando per un’opera cosmopolita come il ‘Concerto per violino n. 2’ di Prokof’ev, composto nel 1935 tra Parigi, la Russia e Madrid. Il concerto è in programma sabato 7 giugno, alle 21, al Palazzo Mauro De André.

L’evento è stato reso possibile grazie al contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

Il concerto si apre con la Fantasia sinfonica in mi minore op. 32 ‘Francesca da Rimini’ che Pëtr Il’ič Čajkovskij compose nel 1876. L’ispirazione gli giunge mentre legge la ‘Divina Commedia’, durante il viaggio in treno da Lione a Parigi (sulla via per Bayreuth, dove si recava per assistere alle rappresentazioni dell’Anello del Nibelungo di Wagner). Lo ricorda egli stesso: “Ho letto il Quarto (sic: in realtà è il Quinto) canto dell’Inferno e brucio dal desiderio di scrivere un poema sinfonico su Francesca”. Ed è Dante, prima ancora di Paolo e Francesca, a esercitare una profonda impressione su di lui, così attento e interessato alla cultura italiana. Insieme lo affascinano le incisioni di Gustav Dorè, che accompagnano l’edizione ottocentesca del Poema. “Ho appena terminato il mio nuovo lavoro: una fantasia su Francesca da Rimini. L’ho scritta – annota ancora – con amore e l’amore mi sembra che sia emerso abbastanza bene. Per ciò che riguarda la tempesta, avrei potuto comporre qualcosa di più somigliante all’illustrazione di Dorè, ma non è venuta come desideravo. In ogni caso è impensabile farsi un’opinione adeguata del pezzo fino a che non sia stato orchestrato ed eseguito”. La descrizione del turbine dentro il quale Dante scorge Paolo e Francesca, fornisce una specie di cornice all’intera struttura dell’opera. Dopo l’Andante lugubre introduttivo (corrispondente all’avanzare di Dante e Virgilio all’Inferno), lo scatenato descrittivismo sinfonico di questo Allegro vivo, davvero degno precedente del virtuosismo orchestrale di un Rimskij­ Korsakov, inquadra il racconto propriamente detto, un Andante cantabile, ma non troppo che, in forte contrasto con l’episodio del turbine, introduce nella partitura il miglior lirismo di Čajkovskij: certamente alludendo ad “amor che a nullo amato amar perdona”, ma ponendo forse tutta la rievocazione, anche grazie all’assolo toccante del clarinetto, sotto il segno sconsolato e mesto delle prime parole di Francesca: “Nessun maggior dolore l che ricordarsi del tempo felice l nella miseria”.

Al centro del concerto Yuri Temirkanov pone poi un’opera cosmopolita come il Concerto per violino e orchestra in sol minore n. 2 op. 63 di Prokof’ev. È il secondo concerto che il compositore dedica al violino e la ‘genesi’ viene descritta dall’autore in questo modo: “Il tema principale del primo tempo fu scritto a Parigi, il primo tema del secondo tempo a Voronez, l’orchestrazione fu completata a Baku, mentre la prima esecuzione ebbe luogo a Madrid l’1 dicembre 1935 […] un giro di concerti estremamente interessante che feci con Soetens in Spagna, Portogallo, Marocco, Algeria e Tunisia”. Il successo è immediato e Robert Soetens, il violinista francese per il quale Prokof’ev lo ha scritto, lo esegue in tournée, come racconta lo stesso compositore, in molte città. Ma il pieno riconoscimento della partitura arriva quando poco più di un anno dopo (alla scadenza dell’esclusiva di Soetens), Jascha Heifetz lo include nel proprio repertorio. Il violinista, antico compagno di Prokof’ev al conservatorio di San Pietroburgo, ha conquistato gli Stati Uniti fin dal primo concerto tenuto alla Carnagie Hall nel 1917, ed è un mito per il pubblico: che scelga non solo di eseguirlo, ma anche, fatto straordinario, di inciderlo su disco sotto la direzione di Kussevitzki, conferisce una fama insperata al Concerto. Ed anche al suo autore, che tornando negli States per l’ultima volta, nel 1938, ottiene lusinghieri contatti con Hollywood per comporre musica per film.

La chiusura del programma viene affidata all’immortale ‘Petruška’ di Igor’ Stravinskij. Il soggetto di questo burlesque in quattro scene – ispirato all’opera Balagan del grande poeta russo Aleksander Blok – viene suggerito a Stravinskij dal coreografo russo naturalizzato francese Serge de Diaghilew, ovvero Sergej Pavlovic Diagilev, animatore artistico e culturale anche come impresario di spettacoli teatrali e fondatore dei celebri ‘Ballets Russes’ a Parigi. La straordinaria partitura, dedicata al pittore e scenografo Allexander Benois, viene composta tra Losanna, Clarens, Beaulieu e Roma, tra l’agosto 1910 e il maggio 1911. Lo stesso compositore ne realizza una riduzione per pianoforte a 4 mani. La prima esecuzione, sotto l’egida dei ‘Ballets Russes’, ha luogo al Théâtre du Chatelet di Parigi il 13 giugno 1911, sotto la direzione di Pierre Monteux. Qeusto capolavoro di Stravinsky viene eseguito in forma di concerto al Pala de André nella versione riveduta del 1947. Dal punto di vista musicale, accanto al modalismo legato agli imprestiti folklorici derivati dalla tradizione, vi sono citazioni tratte da canzoncine da music-hall e da valzer di Lanner (sfacciatamente tonali e armonizzate nel modo più elementare possibile), zone bitonali fortemente dissonanti (come nel secondo quadro e nel finale), ritmi a volte irregolari e a volte regolarissimi, frasi asimmetriche e simmetriche. Persino il diatonismo quasi sempre imperante (considerato spesso come una peculiarità ‘antiromantica’) cede il posto, in alcuni passaggi, a un cromatismo che fa pensare ancora a Rimskij-Korsakov, o addirittura a Skryabin.