Petite Messe Solennelle in S. Martino

Di G. Rossini

La Petite Messe Solennelle di Rossini, unica composizione sacra in programma al 37° Festival della Valle d’Itria, sarà eseguita sabato 23 luglio, ore 21, presso la basilica di San Martino. Composta a Parigi il 14 marzo del 1864, quattro anni prima della sua morte, può essere considerata un “sublime ed estremo testamento del potenziale con positivo ed espressivo di un’intera esistenza”. Fu scritta per dodici cantanti, di cui quattro solisti, due pianoforti e un armonium. Rossini la volle anche orchestrare nel 1867, sia perché spinto da più parti ma, soprattutto, ritenendo che se l’orchestrazione
fosse stata fatta da qualcun altro musicista dopo la sua morte, l’opera non avrebbe avuto quella caratteristica per cui la scrisse.
La prima esecuzione avvenne presso la cappella di famiglia della contessa Louise Pillet-Will, alla quale fu dedicata, in presenza di solo poche persone e di alcuni critici. Ottenne grande successo e fu replicata diverse altre volte.
L’opera si compone di quattordici pezzi ricchi di inventiva armonica e melodica e si inserisce fra le composizioni di spiccata originalità, fornite di un’alternanza tra musica da chiesa e musica profana: il Kyrie per soli, coro, pianoforti e armonium; il Gloria per soprano solo e coro, pianoforti e armonium; il Gratias agimus, un terzetto per mezzosoprano, tenore e basso; il Domine Deus, pagina affidata al tenore e preceduta da una introduzione pianistica; il Qui tollis, duetto tra soprano e contralto introdotto anch’esso dal pianoforte; il Cum Sancto Spiritu per soli e coro che conclude la prima parte dell’opera.
Il Credo rappresenta l’inizio della seconda parte della messa ed è per coro. Segue subito dopo il Crucifixus introdotto dal pianoforte, in cui si innesta la voce del soprano; l’Et resurrexit per soli e coro; il Preludio religioso per pianoforte solo, il brano strumentale più lungo dell’opera, che dura circa otto minuti; il Sanctus, un coro “a cappella”; l’O salutaris Ostia, penultimo brano per soprano solo e pianoforte; infine l’Agnus Dei che chiude la sequenza dei brani della messa, pieno di intensa melodia che presagisce una visione di pace duratura intonata dal contralto, a cui fa eco il coro a voci sole e quindi le voci corali che unitamente al contralto solista ed agli strumenti concludono il capolavoro rossiniano.

Quella che ascolteremo domani è la versione per due pianoforti ed harmonium, affidata ai pianisti Ettore Papadia, Vincenzo Rana e Keiko Iwabuchi e ai cantanti dell’Accademia Celletti integrati dal basso Luca Tittoto.