Nabucco in Concert

Riccardo Muti dirige Nabucco
Sabato 13 luglio ore 21, Palazzo Mauro de Andrè

Forse mai come quest’anno la presenza di Riccardo Muti è così centrale ed insostituibile nel cartellone di Ravenna Festival; nell’anno in cui si celebra il bicentenario del grande patriarca della musica italiana, Giuseppe Verdi, che come pochi altri ha saputo mettere in scena le grandi passioni umane, sapendosi far comprendere da tutti e dando così al termine ‘popolare’ un significato ancor più universale e profondo. Ed ecco che, mentre ancora risuona nel cuore del pubblico – quello ravennate e quello di Mirandola, meta delle Vie dell’amicizia in segno di solidarietà con la terra emiliana tragicamente colpita dal terremoto – il teso sussurro con cui il coro ha concluso il “Va pensiero” nel grande Omaggio a Verdi diretto da Muti, di nuovo sotto la guida dell’interprete verdiano per eccellenza Ravenna Festival torna a proporre, sabato 13 luglio al Pala de Andrè ore 21, in forma di concerto, uno dei più amati titoli del “Cigno” di Busseto: “Nabucco”, affidato alle voci di un cast prestigioso composto da Luca Salsi (Nabucco), Francesco Meli (Ismaele), Riccardo Zanellato (Zaccaria), Tatiana Serjan (Abigaille), Sonia Ganassi (Fenena), Saverio Fiore (Abdallo), Simge Büyükedes (Anna) e Luca Dell’Amico (Gran Sacerdote); e alle compagini orchestrale e corale (maestro del coro Roberto Gabbiani) del Teatro dell’Opera di Roma.

“Nabucco” che lo stesso Muti, nel corso della lezione-concerto che pochi giorni fa ha tenuto al Teatro dell’Opera di Roma, ha definito “una sorta di monumento nazionale”, e che Verdi ha composto “più che con lo scopo esplicito di adoperarsi per la rivoluzione, semplicemente perché sapeva che quel tipo di musica avrebbe incontrato il favore del pubblico, perché corrispondeva alla disposizione d’animo della popolazione”. Verdi, sempre in sintonia con il proprio paese, e nelle cui musiche “si respira tutto il carattere italiano, desiderio, passione, amore, ma anche insolenza e aggressività, insomma, la nostra natura e la nostra cultura. Sentimenti che però si fanno universali, perché vissuti da lui come in prima persona ed espressi in maniera onesta e diretta, senza nascondere la propria anima, con immediatezza e sincerità tali da renderlo immediatamente comprensibile in tutto il mondo”.

“Con quest’opera si può dire veramente ch’ebbe principio la mia carriera artistica” ricorda Verdi nel suo racconto autobiografico. Un “principio” che si deve proprio alla folgorante intuizione scaturita dai versi ispirati al Salmo 137, appunto il “Va pensiero”, incastonati tra le pagine del libretto di Temistocle Solera che Verdi, reduce dall’insuccesso di “Un giorno di regno” e dalla tragedia familiare che gli aveva sottratto figli e moglie, aveva inizialmente accettato controvoglia, risoluto ad abbandonare la carriera di compositore. E invece, fu un successo fin dalla prima rappresentazione, il 9 marzo 1942 al Teatro alla Scala: “Quella sera Milano non dormì”, scrive Michele Lessona a proposito della prima dell’opera. Mentre un altro cronista dell’epoca, Arthur Pougin, ricorda come l’entusiasmo per “Nabucco” fosse iniziato già durante le prove: “il teatro era messo in rivoluzione da una musica di cui fino allora non si aveva alcuna idea. Il carattere dello spartito era talmente nuovo, talmente sconosciuto, lo stile così rapido, così insolito che lo stupore era generale e che cantanti, cori, orchestra, all’udire questa musica, mostravano un entusiasmo straordinario. Ma v’ha di più: era impossibile lavorare in teatro al di fuori della scena, all’ora delle prove, giacché impiegati, operai, pittori, lampionai, macchinisti, elettrizzati da ciò che sentivano, lasciavano le loro incombenze per assistere a bocca aperta a ciò che si faceva sulla scena”. Una sorta di fatale attrazione in cui certo è riposto il segreto della straordinaria popolarità di “Nabucco”, della sua capacità di incarnare l’incontro tra le speranze nazionali d’Italia e il genio melodico di Verdi, di lì a poco incoronato Maestro del Risorgimento.

La vicenda, ispirata all’Antico Testamento, riprende quella narrata nel dramma francese “Nabucodonosor” di Auguste Anicet Bourgeois e Francis Cornu del 1836, già pubblicato in Italia due anni dopo, e al quale si rifà anche il ballo storico di Antonio Cortesi andato in scena lo stesso anno a Milano. Ambientata tra Gerusalemme e Babilonia, nel VI secolo a.C. vede il popolo ebreo assediato dalle truppe di Nabucco, re di Babilonia: l’amore tra Fenena, figlia di Nabucco, e Ismaele, nipote del re di Gerusalemme, così come la sete di potere di Abigaille, schiava creduta primogenita di Nabucco, e il suo amore non corrisposto per lo stesso Ismaele, si intrecciano fino a condurre il re babilonese prima alla follia poi alla conversione e infine al riscatto del popolo ebraico e alla pace.

L’architettura quasi oratoriale dell’opera – che non potrà che essere esaltata dall’esecuzione in forma di concerto – è tutta racchiusa nella staticità dei quattro quadri di cui si compone il libretto: pannelli giustapposti come in una grande narrazione orale, in cui il dramma si fonda non sul contrasto di individui o passioni, ma su quello di popoli e fedi: di qui il risalto e l’importanza delle pagine corali che punteggiano la partitura. In un affresco, appunto, di inusitata forza corale inneggiante a quegli eterni valori di libertà e di giustizia nei quali la nazione intera volle, e ancora oggi vuole, riconoscersi.

Lo spettacolo è reso possibile grazie al determinante contributo determinante contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e Cassa di Risparmio di Ravenna Spa.

Info e prevendite: 0544 249244 – ravennafestival.org
Biglietti: da 25 (22 ridotto) a 110 (100 ridotto) euro.
“I giovani al festival”: fino a 14 anni, 5 euro; da 14 a 18 anni (50% tariffe ridotte)