Ristoranti Espresso 2012

I RISTORANTI D’ITALIA DE L’ESPRESSO 2012

34° edizione

Sono 21 i ristoranti con “tre cappelli”.
Al vertice si conferma La Francescana di Massimo Bottura con 19,75/20.
La Lombardia è prima fra le regioni come numero di tavole di qualità, ma guadagnano posizioni Piemonte e Campania, ancora in crescita.
Le più significative variazioni di punteggio.
Chi sale…chi scende.
“Un anno travagliato, un anno di transizione per la ristorazione italiana, con poche novità, molte conferme, qualche dolorosa chiusura. Ma la ‘nuova cucina italiana’ è vitale, aperta, moderna”dice Enzo Vizzari, Direttore de Le Guide de L’Espresso.

Sono 21 i ristoranti al vertice Ottengono “3 cappelli”, cioè un punteggio “riferito alla cucina” compreso fra 18/20 e 19,75/20, 21 ristoranti, cinque in più rispetto all’anno scorso. Primo si conferma La Francescana di Massimo Bottura, di Modena, con 19,75/20. A 19,5/20, con i confermati Vissani di Baschi e Le Calandre di Sarmeola di Rubano, sale la Pergola del Rome Cavalieri di Heinz Beck.
A 19/20 accanto a Uliassi di Senigallia, sale Piazza Duomo di Alba, chef Enrico Crippa, “ Premio Tenimenti Angelini per il Pranzo dell’ Anno”.
Tutti confermati a 18,5/20 Combal.Zero di Rivoli Torinese, Cracco di Milano, Dal Pescatore di Canneto sull’Oglio, Enoteca Pinchiorri di Firenze, Reale di Castel di Sangro e Villa Crespi di Orta San Giulio.
A questi si aggiunge, anch’esso con 18,5/20, il Canto dell’ Hotel Certosa di Maggiano, a Siena. Cinque nuovi ingressi a 18/20: ottengono per la prima volta “tre cappelli” Antica Corona Reale di Cervere, Madonnina del Pescatore di Senigallia, La Peca di Lonigo, Osteria del Povero Diavolo di Torriana, Trussardi alla Scala di Milano, che raggiungono La Madia di Licata, Duomo di Ragusa, e Torre del Saracino di Vico Equense.

Sono 58 (quattro in meno rispetto l’edizione precedente) i locali con “2 cappelli”, cioè con punteggio compreso fra 16,5 e 17,5/20; 232 (dieci in più) quelli con “un cappello”, con punteggio fra 15/20 e 16/20.

Fra le regioni, la Lombardia è ancora prima come numero di tavole di qualità (ovvero con almeno “un cappello”) con 49 (due in meno), mentre si confermano in crescita il Piemonte con 34 e la Campania con 30. Seguono, praticamente affiancate, l’ Emilia Romagna e il Lazio e, più staccate, Toscana e Veneto.

Fra le variazioni di punteggio più significative, spiccano il 19,5/20 attribuito alla Pergola di Heinz Beck; il 19/20 di Piazza Duomo di Alba (che due anni fa era a 17,5/20); il 18/20 dell’ Osteria del Povero Diavolo (Giorgio Parini “Giovane dell’ Anno” nella Guida dell’anno scorso) che solo due anni fa era a 16/20; il 17,5/20 de Agli Amici di Godia (16,5/20 l’anno scorso). Forse “fanno meno notizia”, ma confermano le tendenze già rilevate le costanti progressioni di locali come il Pellicano di Porto Ercole, l’Accanto dell’Hotel Angiolieri di Vico Equense, Taverna Estia di Brusciano, Arco Antico di Savona, La Rei del Boscareto Resort di Serralunga d’Alba, il Palagio dl Four Seasons di Firenze.

CHI SALE…

19,5 La Pergola del Rome Cavalieri +0,5
19 Piazza Duomo di Alba +0,5
18,5 Il Canto de La Certosa di Maggiano di Siena +o,5
18 Osteria del Povero Diavolo di Torriana +1
18 Trussardi Alla Scala di Milano +0,5
18 Antica Corona Reale di Cervere +0,5
18 Madonnina del Pescatore di Senigallia +0,5
18 La Peca di Lonigo 0,5
17,5 Agli Amici di Godia  Udine +1
17,5 L’Accanto del Grand Hotel Angiolieri di Vico Equense +0,5
17,5 Quattro Passi di Nerano +0,5
17,5 Il Pellicano di Porto Ercole +0,5

…CHI SCENDE

17 Caino di Montemerano -0,5
16 Relais Blù di Nerano -1
15 Alle Antiche Contrade di Cuneo -2
16 Al Sorriso di Soriso -0,5
16 Schöneck di Falzes -0,5
16 Già Sotto l’Arco di Carovigno -0,5
15 Ambasciata di Quistello -1
15,5 Dolada di Pieve d’Alpago -0,5
15,5 Magnolia di Cesenatico -0,5
15,5 Lio Pellegrini di Bergamo -0,5
15,5 La Gazza Ladra di Modica -0,5

La Campania è una miniera unica di prodotti di terra e di mare e sa esprimere cuochi che li interpretano al meglio, sia in chiave di tradizione (Quattro Passi di Nerano, Oasis di Vallesaccarda, La Caravella di Amalfi), sia in chiave di innovazione (Gennaro Esposito innanzitutto, Di Costanzo del Terme Manzi di Ischia, Deleo dell’Accanto dell’ Angiolieri di Vico), con una crescita generalizzata che continua, da Caserta al Cilento, dall’Irpinia alla Costiera. Idem per il Piemonte, dove da qualche anno la ristorazione è stata toccata da una spinta verso la qualità che va oltre la mvalorizzazione dei prodotti locali, e che continua.
Dall’estremo ovest con l’Antica Corona Reale di Cervere al lago d’Orta con Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo, passando per il Combal. Zero di Davide Scabin, l’Enoteca di Canale, il Dolce Stilnovo di Venaria e il sempre più sorprendente La Rei del Boscareto a Serralunga.

“Un anno travagliato, un anno di transizione per la ristorazione italiana, con poche novità, molte conferme, qualche dolorosa chiusura. Ma la “nuova cucina italiana” è vitale, aperta, moderna”dice Enzo Vizzari, Direttore de Le Guide de L’Espresso “Poche novità, molte conferme, qualche dolorosa chiusura”. Duri questi anni per la crisi economica, ma
decisivi per l’affermazione, in Italia e fuori, della nuova identità della cucina italiana. Pur nell’innegabile e inevitabile tendenza a fondere e a confondere stili e modelli, i migliori ristoranti italiani si distinguono, oggi, per la peculiare impronta delle loro fonti di ispirazione: sono moderni, sono aperti all’impiego di tecniche e anche di prodotti che vengono da lontano, sanno essere “innovativi” e “creativi”, ma conservano ed esaltano i valori di fondo, dalle materie prime alle ricette, delle cucine regionali italiane. La differenza fra i “ migliori” e tutti gli altri sta anche in questo, nella capacità di essere diversi e di guardare avanti senza dimenticare nè tradire il patrimonio che abbiamo alle spalle”.

Aggiunge Vizzari: << Conforta il fatto che fra i ristoratori italiani, cronicamente esterofili, l’esempio dei migliori faccia scuola e sia tanti cuochi maturi sia giovani di belle speranze scommettano da qualche tempo su formule e piatti meno stravaganti, puntando più sulla sostanza e sugli effetti speciali. Si fa strada, d’ altro canto, la consapevolezza che la cosiddetta “alta ristorazione” – che è “alta” non soltanto per i prezzi ma soprattutto per le risorse professionali ed economiche che inesorabilmente esige – non è alla portata di chiunque voglia praticarla e che, anche in termini di gratificazione personale, paga più l’impegno meditato in un locale di cucina sincera e concreta che la rincorsa sconsiderata alle stelle, ai cappelli, alle forchette, alle coccarde delle Guide>>.<<Le quali Guide (quelle serie, realizzate da professionisti e pubblicate da editori veri) >>dice ancora Vizzari <<pur con le pecche di sempre continuano a svolgere la loro funzione: non tribunali, ma strumenti di informazione al servizio esclusivo dei lettori, per consentire a ciascuno, in ogni momento e in ogni parte d’Italia, di scegliere il locale che per tipo di cucina, ambiente e prezzi più gli conviene.
E anche i lettori, con il loro consenso, dimostrano di saper distinguere la qualità e l’affidabilità delle informazioni che ricevono da professionisti responsabili rispetto a quelle che, anonime e spesso interessate, viaggiano nella “rete” in libertà (e senza responsabilità)>>.

Il decalogo della “nuova cucina italiana”

1) La “tavola di qualità” è quella che crea e trasmette i piaceri della tavola attraverso una pluralità di fattori che concorrono a determinare la piacevolezza complessiva dell’esperienza gastronomica: primo fra tutti la bontà dei cibi, unita poi ai vini e alle bevande appropriati, alla gradevolezza e al comfort dell’ambiente, alla professionalità e alla cortesia del servizio.
2) Ristoranti, trattorie, osterie, con caratteristiche differenti e ciascuno nella propria categoria, possono tutti rappresentare altrettante “tavole di qualità”, in grado di soddisfare le propensioni di clienti con gusti, disponibilità economiche, aspettative e stati d’animo i più diversi.
3) Il requisito primo e irrinunciabile della “tavola di qualità” – al di fuori e al di sopra di ogni distinzione fra stili di cucina: tradizionale o innovativa, conservatrice o sperimentale, di locale grande e lussuoso o piccolo e informale – è che sia “buona e sana”. “Buona” perché salvaguarda ed esalta le peculiarità delle buone materie prime che la compongono. “Sana” perché i prodotti e le tecniche impiegati rispettano i principi basilari della salubrità alimentare.
4) Il patrimonio fondamentale della cucina italiana è l’eccellenza dei prodotti, veri e primi protagonisti di ogni piatto, alla cui massima valorizzazione il cuoco subordina le capacità e le tecnologie di cui dispone.
5) Il cuoco che vive il suo tempo è aperto, curioso, privo di pregiudizi nei confronti di prodotti che vengono da lontano e di tecniche innovative o estranee alla propria cultura, non teme di rielaborare, di fondere, di copiare con buonsenso e misura, sa cogliere il buono della globalizzazione, filtra criticamente il nuovo e il diverso attraverso il proprio bagaglio di conoscenze e di esperienze.
6) Tratto distintivo della “nuova cucina italiana”, e dei cuochi che la rappresentano, sono le radici ben salde nelle rispettive cucine regionali di riferimento, nei prodotti, nei sapori, nei gesti che le hanno caratterizzate nel tempo. Su queste radici è innestato l’impiego di prodotti, di tecniche e di strumenti offerti oggi dalla scienza applicata alla gastronomia, fermo restando l’obiettivo di realizzare una cucina di forte e precisa identità, moderna e italiana, nelle materie prime, nei sapori singoli e nelle loro combinazioni, nelle forme: insomma nell’anima.
7)La cosiddetta creatività acquista senso nel momento in cui consente di esaltare le qualità e le caratteristiche d’un prodotto o ne fa scoprire potenzialità inedite.
8) Ha scarso o nullo valore gastronomico l’impiego di strumenti, di prodotti, di applicazioni chimico-fisico-tecnologiche finalizzati soltanto alla trasformazione delle consistenze, delle forme, dei colori, quando cioè non comportino reali e significativi cambiamenti nel sapore dei cibi.
9) La cucina non è “gioco” anche se può divertire, non è “arte” anche se i piatti possono assumere forme studiate e armoniche, non è “scienza”, anche se nasce da regole e reazioni chimiche e fisiche: può essere fonte di emozioni e di piacere, fisico e mentale, indotti essenzialmente dai sensi del gusto, dell’olfatto e del tatto.
10) I cuochi non sono quindi geni né artisti né attori, bensì artigiani, più o meno valenti: aiutiamoli, tutti, a restare tali.

I premi speciali

TENIMENTI ANGELINI per Il Pranzo dell’ Anno: Piazza Duomo di Alba (CN)

KETTMEIR per La Cantina dell’Anno: Stella d’Oro di Soragna (PR)

FEUDO PRINCIPI DI BUTERA per Il Maître dell’ Anno: Simone Pinoli – La Pergola del Rome Cavalieri di Roma

DUCA DI SALAPARUTA per Il Sommelier dell’Anno: Matteo Toso-La Rei-Boscareto Resort di Serralunga d’Alba (CN)

CAVIT per Il Giovane dell’Anno: Francesco Sposito – Taverna Estia di Brusciano (NA)

ACQUA SPAREA per La Novità dell’Anno: Gran Caffè e Ristorante Quadri di Venezia

MIONETTO per La Performance dell’Anno: La Sponda dell’Hotel Le Sirenuse di Positano (SA)

LAVAZZA per Il Caffè dell’Anno: Da Vittorio di Brusaporto (BG)

GLENMORANGIE per La Selezione di Distillati: Lorenzo di Forte dei Marmi (LU)

GUIDO BERLUCCHI per La Selezione di “bollicine”: Associazione Jeunes Restaurateurs d’ Europe

FONTANAFREDDA per La Qualità del Made in Italy: Damini di Arzignano (VI) Al Convento di Cetara (SA)

DE CECCO per La Pasta dell’Anno: Villa Crespi di Orta San Giulio (NO)

SOC.ARTIGIANA SCARCHILLI per La Miglior Selezione di Formaggi: Miramonti l’Altro di Concesio (BS)

LA COLLINA DEI CILIEGI per Le Enotavole dell’Anno:
Vineria di Treviso Enoteca Italiana Ristorante Millevini di Siena
Salotto Culinario di Roma

I Ristoranti d’Italia de L’Espresso
A cura di Enzo Vizzari
768 pagine
22 euro in edicola e libreria dal 7 ottobre
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