Ferretti e Opzetek al Cinema e nei cinema

Al via …. MAGGIO CINEMA!

Ogni lunedì sera, fino al 6 giugno, il 74° Festival del Maggio Musicale Fiorentino ospita MAGGIO CINEMA, una rassegna cinematografica curata da Gabriele Rizza.

Lunedì 2 maggio ore 20.00

Intervengono Ferzan Ozpetek e Dante Ferretti.

La finestra di fronte

Regia: Ferzan Ozpetek. Sogetto e sceneggiatura: Gianni Romoli e F. Ozpetek. Interpreti: Giovanna Mezzogiorno, Massimo Girotti, Filippo Nigro, Raoul Bova, Serra Ylmaz, Olimpia Carlisi, Maria Grazia Bon, Massimo Poggio. Italia 2003; colore; 116 minuti.

Dante Ferretti: scenografo italiano

di Gianfranco Giagni. Italia 2010. 52 minuti.

Passato l’anno scorso al Lido di Venezia fuori concorso il documentario ripercorre le tappe salienti della carriera di Dante Ferretti, vanto del cinema italiano, un “artigiano da Oscar”, sette nomination e due vittorie (2004: The aviator di Scorsese; 2007: Sweeny Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street di Tim Burton) ), un percorso che dall’Italia sfocia in America e da Pasolini e Fellini abbraccia Scorsese. Che qui vediamo insieme a Leonardo Di Caprio, Terry Gilliam, Giuseppe Tornatore, Jean-Jacques Annaud, Liliana Cavani, Gabriella Pescucci e Francesca Lo Schiavo (la moglie e la sua più stretta collaboratrice). Qualcosa di più di un ”semplice scenografo” Ferretti. Un contributo il suo che va oltre le specificità tecniche e le competenza linguistiche per approdare nel territorio della creatività. Come sapeva Fellini che l’ha voluto al suo fianco a partire da Prova d’orchestra, come sa Scorsese (con cui attualmente sta affrontando la sfida di un film in 3D), come sanno tutti gli altri (non solo al cinema ma anche in teatro) che hanno sperimentato la sua estrema perizia e preparazione ambientale, frutto come sempre di un minuziosissimo lavoro di documentazione.

Lunedì 9 maggio ore 20.30

Aida

Regia: Clemente Fracassi. Interpreti: Sophia Loren, Lois Maxwell, Luciano Della Marra, Afro Poli, Antonio Cassinelli, Enrico Formichi, Alba Arnova. Italia 1953; colore; 99 minuti.

Il film-opera è una cosa seria. Un genere esclusivo, ma variamente declinabile, e squisitamente italiano. Un prodotto doc. Che in quegli anni di dopoguerra piaceva al pubblico e sbancava il botteghino. Il film-opera è una cosa seria. Anche quando la Sophia nazionale già Lazzaro (e come tale e senza “piacca” l’anno prima aveva vestito i panni della Favorita di Donizetti sulla voce di Palmira Vitali Marina) si tinge tutta di marron per entrare nella parte della celebre, etiope schiava, “doppiata” stavolta niente meno che dalla Tebaldi. Fu un successo. Anche all’estero. E Sophia color cioccolato ci fa una bellissima figura. Sulle ali delle arie verdiane, il film fece il giro del mondo, potendo contare su un cast di prim’ordine: oltre alla Renata Ebe Stignani per la Maxwell, Giuseppe Campora per Della Marra, Gino Bechi per Poli, Giulio Neri per Cassinelli. Scenografie imponenti di Flavio Mogherini (il futuro regista), costumi di Maria De Matteis, supervisione musicale di Renzo Rossellini. Per la cronaca fu su questo set che la Loren incontrò il futuro marito Carlo Ponti.

Lunedì 16 maggio ore 20.30

La luna

Regia: Bernardo Bertolucci. Sceneggiatura: B. Bertolucci, Giuseppe Bertolucci, Clare Peploe. Interpreti: Jill Clayburgh, Matthew Barry, Tomas Milian, Alida Valli, Fred Gwynne. Italia 1979; colore; 140 minuti.

La passione per il melodramma (imparato da piccolo: vedi l’iniziatico Prima della rivoluzione) porta Bertolucci, prima di partire per la Cina, sulle rovine delle Terme di Caracalla dove si reinventa l’opera “ad usum turistorum” e fra una romanza e l’altra ci si rovina (o ci si salva) la vita. Doppio, fantastico mélo sulle scorte verdiane, il Trovatore e Un ballo in maschera, illuminato dalla fotografia di Vittorio Storaro. Viaggio rivelatore nella morte della famiglia e nella resurrezione di cui l’arte e portatrice. La voce del padrone affiora flebile nei turbamenti della madre. Che il figlio non sa o non vuole ascoltare. Il gioco finzione realtà, palcoscenico vita,  oscilla in contumacia. E imbocca lati oscuri. Segrete vie traverse, ostili risentimenti, agnizioni incrociate, disvelamenti e tradimenti. Itinerario contorto e contorsionista punteggiato da dosaggi umoristici e contrappunti ironici che smussano gli angoli più oscuri e le perversioni più ambiziose. Bertolucci costruisce il suo melodramma, la sua trama stramba e illegale, inondandola di sentimentalismi, fratture, traumi, infuocate dosi di romanticismo, brusii psicanalitici, ramificazioni crudeli e crudelissimi esiti. Con rivelazione finale sul palco dell’opera, il palcoscenico più incongruo e scivoloso per spiegare come stanno le cose. E forse la vita.

Lunedì 23 maggio ore 20.30

Opera

Regia: Dario Argento. Sceneggiatura: D. Argento e Franco Ferrini. Interpreti: Cristina Marsillach, Daria Nicolodi, Ian Charleston, Urbano Barberini, William McManara, Coralina Castaldi. Italia 1987; colore; 105 minuti.

Si accende lo schermo e ci scappa subito il primo morto. Ci troviamo sul palco del Regio di Parma per la prova generale del Macbeth verdiano. Il soprano litiga col regista e appena fuori dal teatro viene investita da una macchina. Una raccapricciante catena di morti decolla. E la nomea del titolo rispettata. Una spirale d’omicidi, di violenza e d’atrocità compiuti da un misterioso assassino, il volto coperto da un cappuccio. Argento usa le sue capacità espressive per costruire questa folle regia operistica come un fumetto, una mystery story toccata da lampi onirici e surrealistici. Scrutandola da un binocolo, da dietro una scala, attraverso una feritoia, una tenda o una finestra e naturalmente attraverso gli occhi del killer. E sfrutta la meglio le sue competenze tecniche. Nuove per l’epoca: vedi la scena dei corvi che volteggiano per il teatro ottenuta grazie ad una particolare gru e a delle cineprese telecomandate. La fama di opera maledetta si è allungata anche sul set costellato da incidenti: il regista attaccato e ferito dagli uccelli, un orchestrale che scivola e si rompe quattro costole, uno degli attori morto in seguito a un incidente d’auto, Giuliana De Sio (inizialmente la protagonista) che fa causa ad Argento perché le preferisce la spagnola Marsillach. Speriamo bene.

Lunedì 30 maggio ore 20.30

Mio figlio Nerone

Regia: Steno (Stefano Vanzina). Interpreti: Alberto Sordi, Brigitte Bardot, Gloria Swanson, Mario Carotenuto, Memmo Carotenuto, Giorgia Moll, Vittorio De Sica. Italia/Francia 1956; colore; 90 minuti.

Arriva il peplum per raccontarci l’antica Roma. Quelle vera, che si pensava vera, e quella finta. Invero sempre finta. Potere del cinema. Il peplum fra i cinquanta e i sessanta, in qualche mondo, subentra al film opera nei gusti popolari. Sempre cose inverosimili. E sempre il pieno al box office. I film costano poco e incassano molto. Anche Hollywood se ne accorge e cala sul Tevere. Nerone, imbelle e dissoluto, cultore infelice della poesia e del canto, nulla teme al mondo più degli interventi della madre Agrippina, che cerca invano d’infondergli un po’ di energia guerriera, spingendolo a riprendere la guerra in Britannia. Giustamente Nerone pensa di sbarazzarsene. Ma senza successo. Così mentre se la spassa in compagnia di Poppea improvvisando canti sulla cetra davanti alla corte, riecco Agrippina. Ci vuole tutta la saggezza di Seneca per farla fuori una volta per tutte. Classico B movie in odore di cult. Bastano gli interpreti: Sordi con barbetta e riccioli che fa il verso al Nerone di Petrolini e la Bardot che, esplosa l’anno prima con Piace a  troppi, impose a Steno di farle fare davvero il bagno nel latte di capra. Sennò che vale essere imperatrice.

Lunedì 6 giugno ore 20.30

Fellini – Satyricon

Regia: Federico Fellini. Interpreti: Martin Potter, Hiram Keller, Max Born, Salvo Randone, Fanfulla, Alain Cuny, Lucia Bosè, Magali Noel, Capucine. Italia 1969; colore, 130 minuti.

Prima di Roma oggi (1972) c’è la Roma di ieri. Ugualmente debordante, sontuosa, meschina, frusciante umanità disillusa e vite allo sbando. Liberamente ispirato al Satyricon di Petronio Arbitro (primo secolo d.C.) Fellini racconta le peripezie di Encolpio e Ascilto, due giovani vitelloni che vivono di espedienti nella Roma di Nerone, per rivedere e esaltate il suo smisurato senso della fantasia. La creatura che emerge è prensile, fiabesca, sgargiante, ambiziosa, smisurata e delirante. Il mondo onirico felliniano è ancora una volta il protagonista assoluto. La sua visione del mondo (mistica e religiosa, blasfema e pessimista) e la sua visione del cinema, scatola magica e surreale, farneticante di apparizioni, fuoriesce senza soluzione di continuità. Una tavolozza figurativa di rara bellezza che alla ricchezza esteriore contrappone una profonda crisi esistenziale, una funerea deriva, un notturno inoltrarsi come dentro un horror vacui che inevitabilmente trascina alla morte. Come il più colorato e carnevalesco degli addii.

Piccolo Teatro, Corso Italia, Ingresso €5

Per ulteriori informazioni: MAGGIOFIORENTINO.COM