Progetto Ric.Ci.

LA GIOIOSA ESPLOSIONE DEI SENSI DI ‘CALORE’
Sabato 8 giugno ore 21 Teatro Rasi

Un viaggio alla scoperta della più esplosiva fisicità e sensualità: ‘Calore’ di Enzo Cosimi torna sui palcoscenici di tutt’Italia, e del Ravenna Festival. E, a trent’anni dall’esordio, riesce ancora a sprigionare tutta la freschezza e l’espressività che resero memorabile questa coreografia. Nel 1982 il coreografo romano lo aveva interpretato insieme a tre amici non professionisti: oggi il ‘Progetto RiC.Ci’ (Reconstruction Italian Contemporary Choreography anni ’80/’90) di Marinella Guatterini lo ha riportato a nuova luce con un successo travolgente, già oltre venticinque le città toccate, grazie all’interpretazione dei giovanissimi Francesco Marilungo e Alice Raffaelli, della scuola Paolo Grassi di Milano; Riccardo Olivier e Francesca Penzo di Fattoria Vittadini. Appuntamento sabato 8 giugno (alle 21), al Teatro Rasi.

Un fondale blu elettrico fa da sfondo a tre corpi danzanti che invadono lo spazio. Vanno in scena l’istinto, l’energia, le pulsioni di due ragazzi e una ragazza coperti solo da mutande bianche e canottiera in stile ‘colonia al mare anni Sessanta’. Accanto a loro spicca una prorompente reginetta punk che tiene tutti in scacco con la sua cresta bionda, le nudità involontarie e i suoi tacchi neri. Sui ritmi di musiche esaltanti, alternate dai vagiti di un neonato e da bucolici cinguettii, quattro giovani si scoprono, si amano, si esprimono al massimo della vitalità, tra sguardi accattivanti e innocenti capricci.

“Il pezzo impostato su un’energia vigorosa e ritmi serratissimi – annota Enzo Cosimi – era nato per interpreti non-danzatori pur riconoscendosi in pieno in una scrittura di danza. Nella prima, breve nota sullo spettacolo scrivevo: ‘La realtà è devastata da gelide atmosfere, pensiamo di voler annusare una nuova aria, un nuovo vento in cui l’energia, nel suo ritornare al nulla senza illusione, abbia come qualità un senso di profonda serenità, di caldo, di calma relativa’. Lo spettacolo è un viaggio visionario dove all’interprete è richiesto un processo di regressione che serve come traccia per disegnare un’età dell’infanzia e dell’adolescenza infinita”.

Infatti dalla lentezza iniziale alle frenetiche danze corali, non mancano gli assoli che esaltano le singole personalità: la sensualità di Francesca, il candore di Alice, l’intensità di Francesco e l’energia di Riccardo, fino alla purissima manifestazione dei sentimenti come gioia, rabbia e dolore che gli attori-danzatori offrono a bordo palcoscenico, prima di scatenarsi nuovamente in un’irrefrenabile estasi fatta di carezze, scherzi e giocose pose fotografiche.

“La freschezza di Calore, tra i cip cip e i vagiti del neonato ormai inscritto nella partitura sonora – spiega infine Marinella Guatterini – tra la musica che organicamente cresce d’intensità, resta esemplare, ancora un monito alle ultime generazioni di creatori, talvolta così riluttanti a perdersi nel meraviglioso teatrale, a ‘pensare in movimento’, senza l’ossessione di dire e televisivamente di comunicare. Odierno flagello di un’arte che dovrebbe ascoltare il corpo e i suoi sensi in uno spazio e in un tempo interiori: ovvero non comuni, o da luogo comune”.

Romano, classe 1958, Enzo Cosimi dopo i primi studi di danza classica e moderna nella capitale si perfeziona al centro Mudra di Bruxelles e a New York con Merce Cunningham. Di ritorno dopo due anni americani, debutta a Roma con Calore, presentato nell’ambito di un concorso-censimento promosso dal Comune della capitale in collaborazione con il Beat 72 di Leo De Berardinis: con la sua compagnia appena nata, Occhèsc, conquista da subito un posto di rilievo sulla scena nazionale, grazie a uno stile molto fisico, al tempo stesso violento e visionario. A consolidarne la fama e a testimonianza di una infaticabile verve creativa, si susseguono le coreografie di Stato di grazia (1983), Ballavo come uno zombie (1984), La fabbrica tenebrosa del corpo (1985), Vicinissimi alle tracce (1985), Esercizi (1987), Sciame (1987), Tecnicamente dolce (1988). In questi ultimi due lavori, Cosimi si avvicina al video e agli esiti più interessanti dell’arte visiva degli anni Ottanta, usando come scenografie le installazioni di due grandi nomi del tempo, Fabrizio Plessi e Giorgio Cattani. Mentre si aprono collaborazioni con alcune prestigiose istituzioni italiane, dal Maggio Danza alla Scala, passando per la Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi (Studio, 1995), gli spettacoli della sua compagnia lo consacrano come una fra le realtà più solide della nuova danza italiana.

Danza, letteratura (e cinema) con ‘La boule de neige’ di Monteverde
Venerdì 7 giugno ore 21 al Teatro Rasi

Un’altra coreografia esemplare per la seconda serata che Ravenna Festival dedica al Progetto Ric.Ci di Marinella Guatterini e soprattutto una lucida dimostrazione del proficuo rapporto ‘alla pari’ fra danza e letteratura. Venerdì 7 giugno (alle 21), sul palcoscenico del Teatro Rasi, arriverà il Balletto di Toscana junior con ‘La boule de neige’, reinterpretazione del balletto che Fabrizio Monteverde aveva realizzato nel 1985 ispirandosi al romanzo di Jean Cocteau ‘Les enfants terribles’. In scena Mirko De Campi, Claudia Manto, Luca Cesa, Alessandra Berti, che danzano sulle musiche di Pierluigi Castellano, diretti da Cristina Bozzolini.

Quando il romanzo di Cocteau uscì, nel 1929, si scatenò un putiferio. La storia non parlava solo di incesto fra fratello e sorella (mai consumato ‘in scena’, ma reale a tutti gli effetti), ma anche di attrazione omosessuale: Paul infatti subisce il fascino perverso di Dargelos, il compagno che lo ha ferito con la palla di neve e in seguito si innamora di Agathe la quale, guarda caso, assomiglia in modo stupefacente a Dargelos. La coreografia accoglie quei temi, declinandoli nel più ampio mare tempestoso dell’adolescenza, età atrocemente felice e tortuosa. E cogliendo l’aspetto claustrofobico di quella stanza di rue Montmartre, di quell’atmosfera viziata che è sintetizzata nella ‘palla di neve’ del titolo; che è naturalmente quella che colpisce al petto il protagonista (forse un sasso ricoperto di neve), ma è anche una ‘boule’ piena di cocaina.

“La storia di un fratello e di una sorella: Paul ed Elisabeth, il loro amore – spiega nelle note di regia del 1985 lo stesso Monteverde – e il loro fatale dissolvimento. La camera di rue Montmartre, uno spazio chiuso, vincolato, a cui se ne sovrappongono altri che lo ricalcano e lo rigenerano e dove i due fratelli recitano e agiscono, mentre altri due personaggi, Gérard e Agathe, che hanno l’indispensabile funzione di pubblico, accettano sedotti e atterriti di seguirli fino al tragico e inevitabile epilogo”. Perché in quello spazio “tutto può succedere. Anzi, dove tutto deve succedere”.

Collage di sensazioni ‘fotografiche’ e di visioni intime da sfogliare nella ‘cameradiario’, La boule de neige originale si riferiva già nel titolo, in modo indiretto ma intuibile, alla particolare situazione in cui Cocteau scrisse, in soli diciassette giorni, il suo romanzo, cioè in un letto d’ospedale, fra il dicembre 1928 e l’aprile 1929, mentre si sottoponeva a una cura di disintossicazione dalla droga. E Monteverde lasciava intravvedere anche chiari riferimenti al film di Jean-Pierre Melville, sceneggiato insieme allo stesso Cocteau e girato nel 1950. Oggi la ricostruzione di La boule de neige prevede alcuni cambiamenti apportati dal coreografo. Appassionatamente legato alla sua pièce giovanile, fedele ai propri passi, alle proprie musiche, all’atmosfera grigio-notturna, Monteverde è altrettanto convinto della necessità di un restyling che ad esempio cancelli in parte la livida chambre, e la restituisca con l’aiuto delle luci e la circospezione degli interpreti. I costumi hanno perso la ruvidità fine anni Venti, suggerita con mantelline e collegiali calzoni al ginocchio, tratte dai disegni dello stesso Cocteau, e si sono sbilanciati per essere cronologicamente più vicini al film di Melville. La coreografia ha subito anch’essa qualche aggiornamento, annullando alcuni spazi vuoti di un tempo è rimasta comunque nell’essenza quale era: simile a un concerto a quattro, innervato di nostalgia da fissare o muovere con il rullio delle braccia e la fluidità del movimento, alla ricerca di emozioni dirette che colpiscano lo spettatore (anche dolorosamente) al cuore, come la boule, la palla, che ferisce al petto Paul, il primo giovane danzatore in cui ci si imbatte.

La Compagnia giovanile ‘Junior Balletto di Toscana’, fondata e diretta da Cristina Bozzolini, costituisce la struttura produttiva di tirocinio professionale della Scuola del Balletto di Toscana, oggi uno fra i più qualificati enti di alta formazione per danzatori classici e contemporanei, a livello europeo. Riconosciuta e parzialmente sostenuta da un contributo della Regione Toscana e del Comune di Firenze, operativa fin dal 2005, rappresenta una qualificata occasione di debutto sulle scene per un selezionato organico, mediamente di 16/18 elementi, giovani danzatori tra i 16 ed i 21 anni. Si tratta di giovani di promettente talento, espressione dei livelli qualitativi dei Corsi superiori di formazione professionale del Dipartimento Danza classica e del Dipartimento Danza moderna e contemporanea della Scuola del BdT, a conferma delle eccellenti capacità formative di quella che è una fra le migliori e più innovative Scuole italiane di danza, fondata nei primi anni Settanta.

Info e prevendite: 0544 249244 – ravennafestival.org
Biglietti: 12 € (ridotto 10 €)
“I giovani al festival”: “ fino a 14 anni 5 euro, da 14 a 18 anni (50% tariffe ridotte)

QUANDO LA DANZA RIFLETTE SUL BENE E IL MALE
‘Duetto’ apre la tre giorni dedicata al Progetto RiC.Ci ideato da Marinella Guatterini
Giovedì 6 giugno ore 21 al Teatro Rasi ore 21

‘Mettiamo in moto la memoria’: è questo l’invito del Progetto RIC.CI – Reconstruction Italian Contemporary Choreography anni Ottanta-Novanta, ideato e diretto da Marinella Guatterini, che porta a Ravenna Festival tre lavori basilari della danza post moderna italiana. Si tratta di ‘Duetto’ (1989), ‘La boule de neige’ (1985) e ‘Calore’ (1982) che saranno proposti nell’ordine al Teatro Rasi, il 6, 7 e 8 giugno (sempre con inizio alle 21). E la ‘memoria’ che il progetto chiama in causa riguarda creazioni in realtà recenti, originali e spesso profetiche; coreografie di limpida freschezza che era importante riallestire, segnando anche un passaggio di consegne dagli interpreti di ieri a quelli, a volte giovanissimi, di oggi. Il sipario si apre su una pagina importante della storia coreutica italiana: ‘Duetto. L’importanza della trasmigrazione degli ultimi sciamani’ produzione del 1989 di Virgilio Sieni e Alessandro Certini per il non più esistente gruppo Parco Butterfly, affidata ora alla compagnia Fattoria Vittadini.

‘Duetto’ è il racconto di una sfida tra due guerrieri sul campo di battaglia e del loro smarrimento nel momento del combattimento; la lotta di due improbabili guerrieri del Bhagavadgîtâ (si tratta di una ‘sezione’ del più grande poema epico, e testo sacro, dell’India, il Mahābhārata). È quindi una tragedia interiore, nella quale la danza riflette sul bene e sul male. Un racconto gestuale dove i due danzatori, in abiti di foggia indiana, suggeriscono con le sole mani e un gioco di teste il tema epico, ma fortemente ironico, del loro pezzo. Con intelligenza ed eleganza la danza pura si lega a quella narrativa e al folklore. Eventuali influenze del teatro-danza indiano si disperdono in un flusso continuo, occidentale, che si coagula in una struttura a quadri rigidi, creati dal solo alternarsi di buio e luce. I due valorosi interpreti – Mattia Agatiello e Riccardo Olivier – utilizzano oggetti e reminiscenze dell’Arte Povera. L’intento è maliziosamente performativo alla Kounellis, alla Joseph Beuys.

“Il danzatore – annota Virgilio Sieni – filtra attraverso il puro ‘dialetto’ del corpo un lavoro di conoscenza della tecnica, più precisamente di quella tecnica specifica che si può definire ‘artigianale’ poiché ha capacità di scavare nella materia, di analizzare la forma dal punto di vista più simbolico che naturalistico. È così che il tessuto coreografico, suddiviso in tre parti – la narrazione, il turbamento, l’insegnamento – verrà disseminato di assoli e duetti accompagnati in contrappunto da brevi leggende, un’infiltrazione dell’astrazione nel movimento”.

Infatti, la coreografia procede per quadri, tra momenti di conflitto e complicità, dove i due danzatori, ora sfidanti e ora quasi amici di un lungo viaggio, svelano esitazioni, paure e turbamenti. Sorretta da una dialettica compositiva, la pièce si dipana nei suoi circa 60 minuti tra assoli, frammenti di unisono e leggeri contatti di corpo a corpo che sprigionano un dinamismo furente, alternato a momenti di stasi per modellare figure complementari e speculari. Le musiche scelte, di Igor’ Stravinskij, Johann Sebastian Bach e Giancarlo Cardini, non fanno che amplificarne il senso dialettico e sottilmente descrittivo dei quadri. La pulsione ritmica della Sagra della Primavera segnala, infatti, un clima scabro e di lotta per cedere poi il passo a un mélange sonoro di voci tra Joseph Beuys e Billie Holliday che stemperano la tensione su soluzioni ironiche e divertite. L’intrusione di Tango, Uccello di Fuoco e Petrushka riportano a uno stato di conflitto intercalato da cesure fatte di sguardi e piccoli gesti che sottolineano quel reciproco ascolto empatico.

Precisa, infine, Marinella Guatterini: “Duetto lega con intelligenza ed eleganza la danza pura, narrativa e il folklore. Disperde eventuali influenze del teatro danza indiano in un flusso continuo, occidentale, alla maniera di Merce Cunningham, per coagularlo in una struttura a quadri rigidi, creati dal solo alternarsi di buio e luce. I due valorosi e virtuosi interpreti utilizzano oggetti da fumetto: una canoa blu, massi pitturati di arancione come finto sangue, archi, macigni fatti roteare su binari primitivi e, appunto, saette. Questo dovrebbe ben bastare a introdurre Duetto nell’alveo della coreografia internazionale più elaborata e di alta qualità”.

Fattoria Vittadini nasce a Milano nel luglio 2009 come risultato di un percorso intrapreso da undici danzatori nel 2006 tra le mura di Milano Scuola Paolo Grassi, e che si è concretizzato durante gli anni di studio al Corso di Teatro-Danza sotto la direzione di Marinella Guatterini e l’allora direttore Maurizio Schmidt. Elaborando un’idea innovativa di compagnia di danza, il gruppo di Fattoria Vittadini mette a disposizione di coreografi e collaboratori esterni le differenti qualità performative dei propri componenti, aprendosi alle sperimentazioni e ai linguaggi di artisti provenienti da retaggi culturali differenti, affinando allo stesso tempo la propria versatilità e professionalità, per creare un repertorio contemporaneo, multiforme e innovativo, che possa lasciare un segno duraturo.

Info e prevendite: 0544 249244 – ravennafestival.org
Biglietti: 12 € (ridotto 10 €)
“I giovani al festival”: “ fino a 14 anni 5 euro, da 14 a 18 anni (50% tariffe ridotte)

Mettiamo in moto la memoria: Marinella Guatterini presenta il Progetto RIC.CI
Punto d’incontro Ravenna Festival al Teatro Alighieri, martedì 4 giugno ore 18.30 (ingresso libero)

Martedì 4 giugno alle 18.30 il ‘Punto d’incontro’ di Ravenna Festival ospiterà la presentazione, a cura dell’ideatrice e direttrice artistica Marinella Guatterini, del Progetto RIC.CI (Reconstruction Italian Conteporary Choreography ‘80-‘90). Durante la presentazione, a cui interverrà anche Franco Masotti, saranno proiettati i corti di “Duetto” e “Calore” prodotti in collaborazione con Classica tv (SKY, canale 728) per ideazione e regia di Francesca Pedroni.

Nato nel 2011, il Progetto RIC.CI, ha un sottotitolo eloquente “Mettiamo in moto la memoria”: la sua principale finalità è riconoscere il passato prezioso, creativamente originale, spesso profetico della nostra coreografia contemporanea. La scelta e il conseguente riallestimento – a esempio di Duetto (1989), La boule de neige (1985) e Calore (1982) che saranno proposte in questa edizione di Ravenna Festival (in scena nell’ordine al Teatro Rasi, sempre con inizio alle ore 21, il 6, 7 e 8 giugno) – si propongono di offrire al pubblico odierno pièce d’autore che costituiscono, ormai, la nostra tradizione del nuovo. Il passaggio di consegne, dagli interpreti di ieri a quelli anche giovanissimi di oggi, equivale all’appropriazione di esemplari modalità compositive e linguistiche, nel novero della migliore arte performativa del nostro Paese.

Il progetto RIC.CI si pone, al momento, l’obiettivo di riproporre dieci coreografie considerate esemplari, con giovani interpreti italiani sempre diversi, anzitutto nei teatri e nei Festival che promuovono il progetto stesso. Dal 2011 al 2013 sono quattro le ricostruzioni già acclarate: Duetto di Virgilio Sieni e Alessandro Certini, una produzione del 1989 per il non più esistente gruppo Parco Butterfly, affidata alla compagnia Fattoria Vittadini; Calore di Enzo Cosimi, creazione del 1982, dell’allora compagnia del coreografo, denominata Occhèsc, affidata alla compagnia Enzo Cosimi; La boule de neige di Fabrizio Monteverde del 1985, una produzione della non più esistente compagnia Baltica, affidata al Balletto di Toscana Junior; Terramara di Antonella Bertoni e Michele Abbondanza del 1991, affidata alla compagnia Abbondanza/Bertoni.

Info e prevendite: 0544 249244 – ravennafestival.org
Ingresso singolo spettacolo: 12 euro (ridotto 10)
“I giovani al festival”: fino a 18 anni 5 euro

6, 7, 8 giugno, Teatro Rasi ore 21
PROGETTO RIC.CI
(Reconstruction Italian Contemporary Choreography ’80-’90)
Mettiamo in moto la memoria
ideazione e direzione artistica Marinella Guatterini
assistente alla direzione artistica Myriam Dolce

> giovedì 6 giugno, ore 21 – Teatro Rasi
Parco Butterfly – Fattoria Vittadini
DUETTO (1989-2011)
L’importanza della trasmigrazione degli ultimi sciamani
Coreografia Virgilio Sieni, Alessandro Certini

Evoluzione del primo, bellicoso Duetto-L’importanza della trasmigrazione degli ultimi sciamani di Virgilio Sieni e Alessandro Certini, il nuovo Duetto è un condensato racconto gestuale dove i due danzatori, in abiti ricchi, dorati, di foggia indiana, suggeriscono con le sole mani e un gioco epico, ma fortemente ironico, la lotta di due improbabili guerrieri del Bhagavadgîtâ. Con intelligenza ed eleganza la danza pura si lega a quella narrativa e al folklore. Eventuali influenze del teatro-danza indiano si disperdono in un flusso continuo, occidentale, che si coagula in una struttura a quadri rigidi, creati dal solo alternarsi di buio e luce. I due valorosi interpreti utilizzano oggetti e reminiscenze dell’Arte Povera. L’intento è maliziosamente performativo alla Kounellis, alla Joseph Beuys.

venerdì 7 giugno, ore 21 – Teatro Rasi
Baltica / Balletto di Toscana Junior
LA BOULE DE NEIGE (1985-2013)
Liberamente tratto da Les enfants terribles di Jean Cocteau
Regia e coreografia di Fabrizio Monteverde

Espunta da un testo letterario di Jean Cocteau, Les enfants terribles (1929), davvero sconcertante per la sua temibile attualità, per come tratta con tragico rigore e impalpabile leggiadria un’età atrocemente felice e tortuosa come l’adolescenza, La boule de neige, di Fabrizio Monteverde, dipanava, già nel 1985, un filone della danza contemporanea italiana dedicato al rapporto con la letteratura. All’epoca il rispecchiamento tra i quattro protagonisti maledetti di Cocteau e gli interpreti era quasi totale. Oggi il coreografo affida ai giovanissimi del Balletto di Toscana Junior una coreografia simile a un concerto a quattro voci: della livida chambre , ove si svolge la tragica vicenda, non restano che le luci. Identica la ricerca di emozioni dirette che colpiscano lo spettatore al cuore, come la boule, la palla di neve vera e metaforica, che viene subito scagliata.

sabato 8 giugno, ore 21 – Teatro Rasi
Occhèsc / Compagnia Enzo Cosimi
CALORE (1982-2012)
regia, coreografia, scena, costumi Enzo Cosimi

Opera aurorale, infanzia di una danza contemporanea italiana che si metteva in moto proprio in quel lontano 1982, Calore , di Enzo Cosimi, sbalordiva gli spettatori di trent’anni orsono. Era l’autentica rivelazione di un gusto mediterraneo, di un’energia solare screziata di ombre, di un’originale ricerca che si manifestava in picchi di danza (pura) e insieme nella negazione di ogni codice. Ora, grazie alla sua ricostruzione, Calore si qualifica profetico battistrada di successivi gruppi di teatro, e di danza internazionale. La sua temperatura bollente è affidata a un quartetto di giovani: l’ondivaga regressione all’infanzia e l’avanzamento verso l’adolescenza, in una coreografia ben strutturata, coincide con un viaggio interiore alla ricerca della soggettività. Calore: un freschissimo, sbalorditivo ritorno, una conquista ancora generazionale.